Arriva finalmente oggi al cinema La famosa invasione degli orsi in Sicilia, primo film d’animazione del fumettista e illustratore italiano Lorenzo Mattotti, tratto dal romanzo di Dino Buzzati. L’opera, acclamata al Festival di Cannes, ricrea con le tecniche dell’animazione a mano la storia del re degli orsi Leonzio, il quale decide di condurre il suo popolo presso gli uomini nella speranza di ritrovare il figlioletto Tonio, rapito dai cacciatori tempo addietro. Ma gli orsi possono davvero vivere in mezzo agli umani?
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A Lucca Comics & Games 2019 (dove il film è stato proiettato in anteprima davanti a una sala gremita ed entusiasta) abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il regista Lorenzo Mattotti, che ci ha illustrato la genesi de La famosa invasione degli orsi in Sicilia e le sfide incontrate nel corso dei 6 lunghi anni necessari per portare sul grande schermo questa favola tutta italiana.
La versione italiana de La famosa invasione degli orsi in Sicilia vanta un cast di attori estremamente riconoscibili. Non ha avuto paura che lo spettatore si dissociasse dal personaggio, sentendo la voce di un attore famoso?
Lorenzo Mattotti: “Innanzitutto vorrei precisare che il primo doppiaggio è avvenuto in francese, prima ancora che si facesse l’animazione. Per quanto riguarda l’Italia, c’erano delle voci che avevo in mente fin da subito come quelle di Corrado Guzzanti o di Antonio Albanese, e altre che abbiamo dovuto ricercare come quella di Almerina. Quando ho sentito Linda Caridi, ho subito pensato: è lei. Io cercavo voci adatte ai miei personaggi, in realtà non mi sono posto il problema che fossero attori famosi. Volevo soltanto che le voci fossero molto caratterizzate, che ogni personaggio fosse immediatamente riconoscibile. Pensavo alla Commedia dell’arte, alle maschere: il doppiaggio doveva riflettere un certo divertimento nelle caratterizzazioni, anche grazie ai dialetti che abbiamo scelto. Ovviamente, nel momento in cui si rivela Andrea Camilleri è impossibile non riconoscerlo… ma va bene così, cercavo una voce simbolica e carismatica e l’ho scelto proprio per questo. Trovo che la versione italiana sia più divertente, mentre quella francese è raffinata e letteraria. Non è stato un doppiaggio tecnico ma un arricchimento, che ha dato come risultato due versioni complementari”.
Che tipo di studio è stato affrontato per quanto riguarda i colori del film?
Lorenzo Mattotti: “Sono abituato a lavorare molto con il colore, e sin dall’inizio della produzione ho cominciato a fare delle prove a colori, tenendo a mente come riferimento quelli utilizzati da Buzzati. Ai miei artisti dicevo sempre: “non abbiate paura del colore”. Il colore è fonte di energia visiva, io amo per esempio la cultura psichedelica e film come Yellow Submarine che sono un’esplosione di colori. Il mio obiettivo per La famosa invasione degli orsi in Sicilia è stato sempre quello di ottenere dei piani che fossero graficamente caratterizzati. Volevo immagini di grande forza grafica, nette, chiare e precise, di modo che lo spettatore potesse avere uno sguardo pulito, potesse cogliere ogni dettaglio e in un certo senso anche perdersi nelle profondità delle sequenze per arricchire ulteriormente la visione”.
L’uso delle luci e delle ombre è molto interessante: il film è illuminato in maniera completamente diversa rispetto a come si illumina un film in 2D tradizionale. Come avete lavorato per raggiungere questo risultato?
Lorenzo Mattotti: “Fin dall’inizio della produzione ho detto: “voglio ombre su tutti i personaggi e voglio lavorare molto con il compositing“, perché per me sono le chiavi della buona riuscita di una pellicola animata. Volevo che ogni personaggio avesse il suo volume, che occupasse uno spazio. Spesso i cartoni animati sono claustrofobici, ti manca l’aria: io invece volevo utilizzare la profondità. Abbiamo formato un’ équipe specializzata soltanto per le ombre, erano almeno 8 persone che si sono occupate soltanto di quello parallelamente all’animazione. Poi io ho voluto seguire tutte le ombre personalmente, soprattutto nelle scene di metamorfosi. Le ombre dei fantasmi, per esempio, perché dovevamo realizzare una forma che variasse tutto il tempo. È stato davvero un enorme lavoro”.
Quindi, il film è animato interamente in 2D e i volumi dei personaggi sono realizzati soltanto attraverso le ombreggiature?
Lorenzo Mattotti: “Tutti i personaggi principali sono disegnati in 2D, ma ci sono degli elementi 3D come nelle scene di massa dove gli orsi e i militari sono fatti al computer, oppure nel finale con le barche e il serpente marino. Ma tutto il resto, compresi i fondali e gli effetti speciali, è in 2D. E sì, il volume dei personaggi è dato solamente dalle ombre. Adesso ci sono programmi che permettono di integrare sempre di più le due tecniche, per esempio in Francia è appena uscito il film d’animazione Dov’è il mio corpo? che è disegnato al computer, ma poi gli è stata applicata una texture 2D, per cui quando lo vedi hai la sensazione che sia animato a mano”.
A proposito della Francia, cosa ne pensa della situazione attuale dell’animazione?
Lorenzo Mattotti: “Non sono un grande esperto, anzi negli ultimi anni ho evitato di vedere animazione per non essere influenzato durante la produzione del film. Io conosco più che altro la situazione europea, e mi sembra che si stiano realizzando dei prodotti molto belli. Noi siamo più raffinati, non facciamo tutti la stessa cosa perché ogni regista ha la sua visione e il suo mondo poetico. Questa è la grande ricchezza dell’Europa, mentre in America trovano una formula e la devono ripetere finché il pubblico non si stufa. La Francia è il paese più all’avanguardia in questo momento, perché è riuscita a fare una vera politica di sviluppo in questo settore e ora ne sta raccogliendo i frutti. Io mi chiedo sempre: ma in Italia avrebbero mai preso un regista esordiente francese per farlo lavorare su un testo francese? Nel nostro paese non riscontro la stessa apertura culturale che ho trovato in Francia: forse una volta eravamo così, ma adesso la verità è che sono i produttori italiani a doversi rivolgere all’estero e non viceversa”.
Il finale è molto diverso dal romanzo di Buzzati. Si chiude con un interrogativo, lasciando la risoluzione effettiva sospesa. Come mai questa decisione?
Lorenzo Mattotti: “Il finale di Buzzati lo trovavamo un po’ troppo malinconico e un po’ datato. Attraverso i nuovi personaggi di Almerina e Gedeone abbiamo cercato di riportare il pensiero dello spettatore, che si lamenta perché non è possibile che il finale sia così triste. Avevamo pensato a una conclusione più divertente e felice, però poi avevamo paura che diventasse troppo americano, troppo prevedibile. Per cui abbiamo deciso di lasciare la risoluzione sospesa, attraverso l’espediente del segreto che non può essere rivelato. Quando finisce la proiezione molti bambini si fanno domande, ed è bello così perché per sciogliere il mistero il film li costringe a riflettere. La risposta sta a loro, alla loro fantasia, alla capacità di immaginare. Può esserci un finale migliore? Chissà”.
L’ accoglienza della critica è stata molto positiva, cosa si aspetta invece dall’accoglienza in sala?
Lorenzo Mattotti: “La scommessa a livello critico è stata vinta, ci sono state poche reazioni negative, ma in generale sono tutti entusiasti. Quello che abbiamo osservato è che una volta in sala il pubblico ama La famosa invasione degli orsi in Sicilia, ma il grosso problema viene prima, quando si tratta di attirare la gente al cinema. Proprio qualche giorno fa una signora mi ha detto: “non so se vada bene per i miei figli, perché sembra molto diverso da quello a cui sono abituati”. Mi ha fatto molto riflettere: oggi i genitori hanno paura di esporre i figli a qualcosa di diverso dal solito. Hanno paura che non sia per loro, che utilizzi un linguaggio troppo raffinato, troppo d’élite. Ma questo è un film per tutti, popolare, figuriamoci se volevo passare cinque anni a fare un film per me stesso… Anzi. Ho capito che c’era la possibilità di fare qualcosa di bello per i ragazzini, di portare al cinema una storia diversa dalle altre ma bella lo stesso, e io a 60 anni mi sono preso la responsabilità. Credo che ogni disegnatore prima o poi debba prendersi questa responsabilità: smettere di chiudersi nel proprio mondo e provare a portare qualcosa di positivo alle nuove generazioni, perché saranno loro che diventeranno la società del domani”.
Foto: ©2019 Prima Linea Productions – Pathé Films – France 3 Cinéma – Indigo Film
Foto Lorenzo Mattotti: © Caterina Sansone
Una versione breve di questa intervista è comparsa sul nostro partner web Ginger Generation.