«Immaginiamo di aver inventato qualcosa di nuovo: una marionetta dal funzionamento simile a quelle usate dai ventriloqui; non di legno, bensì fabbricata in materiali morbidi, come la gommapiuma, per darle maggior espressività e […] una consistenza simile a quella di un pupazzo».
Così, quasi sette anni fa, esordivo su questo portale per scrivere a proposito di una certa scalmanata combriccola di pupazzi e del loro creatore. Gli anni passano, la scrittura si trasforma, le esperienze si accumulano, le piattaforme si evolvono. Non credo, tuttavia, che in questo lasso di tempo le mie scelte di vita abbiano smesso di essere influenzate da Jim Henson e dalla sua eredità, umana ed artistica. Permettetemi, dunque, un tributo: lasciatevi accompagnare in un breve viaggio tra la vita e le opere di una delle menti più straordinarie del secolo scorso.
Oltre l’idea
Innovazione, umorismo, cuore. Potremmo dire che siano queste le tre direzioni principali che hanno ispirato e indirizzato la carriera e la vita di Jim Henson. Il tutto condito da una disarmante semplicità attraverso la quale sembrava raggiungere i traguardi più lontani, partorire le idee più ambiziose, spingersi sempre oltre i propri limiti: «Non avevo mai lavorato con i pupazzi da piccolo, e anche quando ho iniziato a farlo in televisione non sapevo realmente cosa stessi facendo. Sono sicuro sia stata una buona cosa, perché ho imparato affrontando ogni problema. […] se impari troppo da ciò che hanno fatto altri, sei portato a prendere la loro stessa direzione».
“Marionette”, la tipica marionetta utilizzata dai ventriloqui, e “puppet”, ovvero pupazzo. Dall’unione dei due termini, nacque, probabilmente, la parola “Muppet”. Come si diceva in apertura, marionette in materiali morbidi, con capacità espressive potenziate rispetto alle loro controparti in legno. Un’idea semplice quanto vincente. Tuttavia limitare il potenziale innovativo di Henson alla sola creazione dei Muppet è assolutamente riduttivo. Nel suo percorso creativo si può riscontrare una continua ricerca di nuove modalità espressive e di nuove forme di intrattenimento.
«Fino ad allora le agenzie pubblicitarie cercavano di vendere i loro prodotti imponendoli duramente. Noi abbiamo pensato: “perché non venderli facendo ridere?”». Con questo assunto, Henson si apprestava a rivoluzionare il modo di concepire e fare pubblicità. Lo spot, quindi, diventava a tutti gli effetti uno sketch, non dissimile dai brevissimi episodi del suo primo show con Muppet, Sam & Friends. Battute rapide, sagaci e intelligenti per attirare l’attenzione dello spettatore e veicolare un messaggio promozionale. Aiutato, ovviamente, dai suoi simpaticissimi alleati in gommapiuma. Tra le réclame di maggior successo, quelle della Purina, nelle quali fece il suo debutto di uno dei personaggi a cui Henson era più legato: il cane Rowlf.
Laughter is no enemy to learning
Il nuovo format pubblicitario riscosse un grandissimo successo. Ma era possibile veicolare altri messaggi attraverso le risate? Jim Henson era convinto di sì e, a suo sostegno, aveva a disposizione il parere di uno dei più grandi geni del XX secolo: Walt Disney.
Walt aveva per primo sdoganato l’idea che cultura e apprendimento non dovessero essere nemici del divertimento. Una sana risata poteva insegnare molto più di un lungo e pesante discorso. Henson, che non ha mai negato la propria “formazione disneyana”, raccolse questo input e ne fece uno dei propri marchi di fabbrica. Nel 1969 debuttò sul piccolo schermo uno show destinato a creare un genere: Sesame Street.
Un semplice varietà dedicato ai più piccoli? Affatto. Sesame Street rappresenta senza ombra di dubbio tutto ciò che dovrebbe essere uno show concepito per l’infanzia. Personaggi buffi, colori sgargianti, canzoni orecchiabili e risate messi in campo per insegnare l’alfabeto, i numeri, ma anche valori come l’amicizia e l’accettazione del diverso. In una parola “edutainment”, imparare giocando. Ad oggi lo show, con le sue 46 edizioni e oltre 4300 puntate, continua ad andare in onda, fresco, moderno e divertente, senza mai tradire lo spirito iniziale. Personaggi come Elmo, Il Conte, Cookie Monster, Big Bird ed Ernie e Bert sono ormai dei veri e propri idoli, ricordati da generazioni come i loro primi maestri, tanto di numeri e lettere, quanto di vita.
The lovers, the dreamers and… Kermit
Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, nel 1976 Jim Henson diede il via a quella grande avventura chiamata The Muppet Show. Anche se costruito sulla stessa impalcatura creativa di Sesame Street, il nuovo show si poneva un obiettivo diverso. Henson voleva produrre uno spettacolo di varietà a 360°, capace di far ridere genuinamente tanto i più piccoli quanto i più grandi. Si è parlato tante volte di quanto bello e vivace fosse questo format, della geniale idea di mostrarne il dietro le quinte, della comicità sagace e mai banale. Ma c’è qualcosa su cui, credo, non si riflette mai abbastanza: la centralità di Kermit.
Il simpatico ranocchio è stato il primo Muppet costruito e interpretato da Jim Henson. In Sam & Friends non era neanche un ranocchio, a dire il vero. Si tratta, senza dubbio, del suo grande compagno di viaggio, arrivato a diventare, nel tempo, il suo alter ego. Una delle cose che viene sempre citata in proposito è il paragone metatelevisivo tra il ruolo rivestito da Kermit all’interno dello sgangherato cast del Muppet Show e quello di Jim all’interno della produzione.
Il ranocchio e la sua controparte umana sono un po’ due capitani coraggiosi. Due sognatori disposti ad arrivare alla fine dell’arcobaleno, non per rincorrere una pentola d’oro, ma per costruire una casa per tutte le persone innamorate della vita, dell’arte e ancora disposte a migliorare il mondo. Insieme, riusciranno ad arrivare sul grande schermo, segnando da lì in poi tutta la carriera di Henson.
Un parallelismo ancora più spiccato si nota nella canzone “It’s not easy being green“. Come osservato da Ray Charles: «Le parole dicono “Non è facile essere verdi”, ma la canzone è sul conoscere se stessi. E in questo senti il messaggio di Jim in modo molto chiaro. Credeva che le persone fossero buone e che volessero fare del loro meglio e che non importa come o perché potremmo essere diversi da chiunque altro, dovremmo imparare ad amare chi siamo ed esserne orgogliosi». Due leader leali, pronti a incoraggiare, a esprimere dissenso in modo pacato e a valorizzare le idee partorite dal resto del gruppo, poco importa se a farne parte fossero giovani, vecchi, donne, uomini, maiali, orsi e… va beh, quello che è Gonzo.
Il grande schermo e la consacrazione
Nelle ultime fasi della propria carriera, Jim Henson decise di dedicarsi al cinema. Oltre alle prime pellicole, incentrate sui suoi amati Muppet, sono due i titoli da ricordare: The Dark Crystal e l’acclamatissimo Labyrinth. Entrambi lungometraggi fantasy caratterizzati da paesaggi e ambientazioni visionarie, condite da una base di ispirazione gotica e popolate da strane creature, ideate con il solito slancio creativo. Labyrinth, in particolare, ha segnato da lì in avanti una pietra miliare nell’immaginario collettivo. Partito come flop di pubblico e critica, oggi è riconosciuto come uno dei prodotti meglio riusciti del genere fantasy.
In quegli ultimi anni, Jim sentiva il peso di doversi occupare anche della produzione dei propri lavori, rivendicando il proprio ruolo di artista puro. Non è mai stato un CEO, ma sempre un’ispirazione, un motore del gruppo, animato da un semplice e sincero ottimismo. Da qui, l’idea di trattare con una grande major perché acquisisse i suoi Muppet. E non vi era casa migliore della Disney, dove, anni dopo, son comunque approdati.
Continuò a produrre altri show per la televisione. Da ricordare su tutti, forse nello stesso flow creativo dei capolavori fantasy di cui sopra, Fraggle Rock. Di questa fase, tuttavia, resta principalmente il rimpianto della sua prematura scomparsa, unico vero freno ad una mente creativa senza pari.
L’eredità di Jim Henson
È proprio vero che un artista vivrà per sempre attraverso le proprie opere e Jim Henson non è da meno. Sesame Street, come detto, continua la sua opera pedagogica, oggi più che mai. Sono abbastanza recenti, infatti, gli episodi dedicati a temi come l’autismo o la dipendenza. Temi sensibili, trattati con la solita delicatezza, sempre sinonimo di fruibilità e mai di superficialità.
The Dark Crystal ha visto ampliarsi il proprio universo narrativo grazie ad una strepitosa serie prequel prodotta da Netflix (è recentissima, tuttavia, la notizia dell’annullamento dei progetti per una seconda stagione). Un’opera d’arte che coniuga perfettamente gli effetti visivi pratici di una volta alle nuove tecnologie, sorretta da una solidissima scrittura che supera nettamente quella di molti prodotti televisivi più popolari. Un sequel di Labyrinth pare che vedrà la luce ben presto (e a noi tocca solo incrociare le dita) e anche i Muppet, dopo vari esperimenti, sembrano aver trovato un loro spazio all’interno della mastodontica Walt Disney Company (anche se attualmente a noi italiani è ancora impossibile vedere la nuova serie originale su Disney+).
Ma non è solo questione di prodotti. Jim continua a vivere in tutti noi, nei suoi insegnamenti e nel suo proposito di lasciarci un mondo migliore di quello che aveva trovato appena nato nel 1936. E soprattutto in Kermit.
Foto: IMDB