Nel generale appiattimento delle idee e della computer grafica, in cui ormai solo una manciata di studi riescono ancora a distinguersi, rimane qualcuno che rema in direzione contraria e cerca di difendere una tecnica ma anche uno spirito pionieristico molto raro. Gli studi LAIKA sono un gioiello tanto quanto i loro film animati, dei quali è appena arrivato al cinema l’ultimo, Kubo e la spada magica.
Proseguendo sulla scia dell’ottimo percorso iniziato da ParaNorman, LAIKA realizza ancora una volta il miracolo e ci dimostra che la convivenza tra tecniche artistiche diverse non solo è possibile, ma crea meraviglie. Il lavoro che stanno facendo con la stop motion è simile a quello che la Disney ha portato avanti tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, quando disegno a mano e computer grafica si integravano andando a colmare l’uno i limiti dell’altra. Nei film LAIKA avviene lo stesso: sì, la stop motion dal loro secondo film in poi non è più “pura” ed è stata contaminata da CGI ed effetti speciali, eppure la contaminazione è intelligente e studiata. Una tecnica non sostituisce l’altra, ma entrambe offrono il meglio di sé. E siccome non sarebbe arte senza follia, i pazzi artisti di LAIKA sono ancora in grado di costruire da zero uno scheletro alto cinque metri (il più grande pupazzo per la stop motion della storia) impiegandoci un anno, piuttosto che realizzarlo in tempi relativamente brevi al computer.
Ma non di sola tecnica vive lo studio, e Kubo ha molto da offrire oltre all’incanto visivo. Lasciando da parte mostri e zombie che erano un po’ un motivo ricorrente da Coraline in poi, stavolta lo studio si immerge nell’antico Giappone portando sul grande schermo quella che a prima vista è un’avventura epica dalla struttura che ricorda molto un videogioco (tappa dopo tappa Kubo sconfigge boss sempre più potenti guadagnandosi pezzi di un arsenale che utilizzerà per annientare il nemico più grande di tutti). Anche l’andamento è leggermente discontinuo e, specialmente nella prima parte, alterna momenti di eccessiva lentezza a scene adrenaliniche. Nascosta dietro i combattimenti e le magie c’è però la storia intima e toccante di un bambino costretto a crescere troppo in fretta a causa della malattia di sua madre, che lo porta a dover fare i conti con l’elaborazione del lutto e la solitudine. È la storia vera e autobiografica che ha ispirato il creatore del soggetto, l’animatore e regista Shannon Tindle.
Kubo e la spada magica non è dunque un epico viaggio con duelli e incantesimi, è piuttosto un’avventurosa riflessione sul potere che abbiamo di influenzare gli altri raccontando storie. “Questa non è una delle tue storie, Kubo. Questa è la realtà”, afferma la sua protettrice Scimmia quando il ragazzino parte per la sua missione. “E chi ti dice che lo sia?”, ribatte Kubo, perché in fondo la realtà è solo una storia che scriviamo giorno dopo giorno e che sentiamo raccontare dalle persone che ci circondano, capaci di cambiarci, trasformarci e definire chi siamo, come accade nello splendido finale.
Si capisce allora perché per il regista Travis Knight, Kubo e la spada magica sia uno specchio dell’evoluzione dello studio LAIKA. Il bambino che dà vita agli origami di carta non è diverso da un animatore, le cui storie hanno l’enorme potere di cambiare la vita di chi le ascolta. E dato che tra i temi centrali della pellicola c’è anche l’importanza di porre la parola fine alla propria storia, Kubo sarà un punto di svolta per la produzione LAIKA. Verso dove si andrà adesso? Secondo Travis Knight, verso l’età adulta, con film più maturi e storie di più ampio respiro i cui protagonisti non saranno necessariamente bambini. Quanto durerà quest’idillio di LAIKA prima che il mercato dell’animazione abbia la meglio non ci è dato saperlo. Su una cosa però non ci sono dubbi: sarebbe bello vedere più spesso lo stesso coraggio quando si va al cinema.
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