Lo chiameranno “un Pixar minore”, ma voi non dategli retta. L’esordio alla regia dell’italiano Enrico Casarosa arriva su Disney+ e si presenta subito come una piccola perla da scoprire, un’ode alla semplicità, quello che gli inglesi definirebbero un feel good movie. Un’inversione di marcia interessante rispetto al precedente Soul, talmente ambizioso da perdersi ogni tanto per strada: Luca non è un road movie, non c’è in ballo il senso della vita, la quest dei personaggi consiste letteralmente nel riuscire a mettere le mani sulla tanto desiderata Vespa dei loro sogni. Insomma, scordatevi le grandi avventure o i colpi di scena: non ce ne sono.
È quasi un’anomalia in un’industria in cui le storie sono sempre più vorticose, travolgenti e infarcite di eventi e di azione. Intendiamoci, non siamo davanti a un film psicologico o contemplativo, la struttura narrativa è senza dubbio quella del tipico cartoon da grande studio americano, tuttavia Luca ha il grande merito (forse conseguenza della sensibilità europea dell’autore) di abbandonare la complessità dell’intreccio a favore delle sensazioni, delle atmosfere, volendo suggerire allo spettatore il ricordo di un’estate al mare in un tempo che non esiste più. Probabilmente è questo il motivo dell’abbandono dell’iperrealismo: Pixar si serve qui di una stilizzazione graziosissima, con personaggi e fondali 100% cartoon, vagamente ispirati ai pupazzi di Aardman Animations o agli anime dello Studio Ghibli di cui il regista è appassionato.
C’è un po’ del classico Disney La Sirenetta nelle prime sequenze del film: come Ariel, anche Luca vive sott’acqua, ma colleziona oggetti provenienti dalla terraferma, sognando un giorno di poter sfuggire allo sguardo iperprotettivo dei genitori per esplorare finalmente la superficie. A differenza della principessa Disney, però, la sua occasione non arriva grazie all’amore, bensì tramite l’incontro con Alberto, un ragazzino della sua stessa specie ma molto più avvezzo al mondo degli umani, audace, coraggioso e pronto a spingere Luca oltre la sua zona di comfort.
Quello che Luca fa molto bene, in effetti, è tratteggiare le dinamiche tra i piccoli protagonisti, offrendoci una rappresentazione molto autentica dell’infanzia, quel periodo della vita in cui qualsiasi emozione, positiva o negativa che sia, è un’avventura di per sé. Luca è sulla soglia dell’adolescenza, ha una gran fretta di crescere, vuole imparare tutto sul mondo, ma in fondo è ancora un bambino che si vergogna della sua inadeguatezza; Alberto invece è il leader, il fratello maggiore spavaldo di cui Luca si fida ciecamente, una guida da non mettere mai in discussione, aspetto che crea tra i due un rapporto di interdipendenza sbilanciato. Queste dinamiche si spezzano non appena Giulia si aggiunge all’equazione: il legame con una ragazzina umana dimostrerà a Luca che ci sono altre verità, altri modi di vivere, e che per crescere davvero sarà necessario affrancarsi dall’amico e scoprire la sua individualità.
Il dolcissimo epilogo ci rivela proprio questo: il film di Enrico Casarosa è un nostalgico tributo a quelle amicizie che ci hanno segnato durante l’infanzia, spalancandoci le porte del mondo e dandoci la spinta necessaria a intraprendere la strada per diventare grandi.
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