Recensione a cura di Simone Tribuzio
Sta per debuttare in fumetteria la versione DeLuxe de L’orizzonte degli eventi, il nuovo evento seriale dell’universo di PK composto da ben cinque puntate precedentemente pubblicate sul settimanale Topolino e firmato sempre dalla premiata ditta Artibani-Pastrovicchio-Monteduro.
Trattasi della saga più lunga dell’universo pikappico, poiché costituita da cinque capitoli e con un complessivo di ben centocinquanta pagine di storia. Il racconto riprende il filo del discorso interrotto con Il marchio di Moldrock, tassello rivelatosi fondamentale per le trame generali mandate avanti nell’intero corso scritto da Francesco Artibani. Una storia in cui aveva fatto capolino una vecchia conoscenza: Trauma (PKNA n.10, ndr), più che familiare per i lettori di vecchia data del papero mascherato.
Affari di famiglia
In Potere e potenza Pikappa ha dovuto compiere una scelta sofferta: se salvare la Ducklair Tower, e con un fine ben preciso, o piuttosto lasciarla distruggere dall’allarme interno della torre stessa.
In questa nuova storia si ritorna a parlare dell’iconico edificio ormai scomparso. Mentre Uno torna nella base, Paperino si ritrova autista di Solomon Hicks, che gestisce attualmente la Fondazione Ducklair. L’intelligenza artificiale, sotto mentite spoglie, giura davanti al sindaco di Paperopoli, con tutta la platea presente composta dagli abitanti, di restituire loro i simboli della città: la Ducklair Tower e la statua di Cornelius Coot. Lyla Lay non ci vede chiaro in questa storia, decidendo poco dopo di seguire le tracce di Solomon.
Nel covo di Pikappa irrompe il Razziatore, appena tornato dall’Egitto dopo aver saccheggiato in loco una piramide colma di antichi tesori. L’acerrimo nemico di Pikappa si accorge però che non può fare ritorno nel suo secolo causa cronovela guasta. Ma i due non hanno tempo di discutere che subito devono far fronte a una strana creatura. Come si sarà intrufolata nel covo di Pikappa? E da dove proviene? A questi interrogativi dà subito risposta Everett Ducklair, proprio lui, l’inventore miliardario che diede vita a numerose invenzioni avanguardistiche in passato.
La creatura aliena arriva dall’orizzonte degli eventi, forgiata dalle mani della figlia maggiore di Everett: Korinna. Questa, assieme alla sorella Juniper, ora regina del pianeta Corona (pianeta natale dell’inventore, ndr), ha messo mano ai progetti di Everett per ordire un piano di distruzione e morte, atto a distruggere pianeti e crearne di nuovi con la stazione spaziale di Ultima e per mezzo della materia oscura, la stessa che alimenta il muscolare e minaccioso Moldrock; villain protagonista delle ultime vicende pikappiche.
I nostri uniranno le forze per fronteggiare un nemico comune che li attende oltre l’orizzonte degli eventi, rappresentato dai parenti più prossimi di Everett, al quale è stato negato il riconoscimento e l’amore che un padre meriterebbe. Un odio che col tempo cominciava a diventare incontenibile a tal punto da scatenare una guerra intergalattica.
Storia, disegni e colori
La storia è tra le più riuscite dell’intero rilancio, perché Artibani è stato capace di far coabitare e connettere con rimandi e comparse tutte le questioni lasciate in parte sospese nelle prime due serie pikappiche, uscendo indenne da quella che poteva essere una accozzaglia di eventi e comparsate. Lo sceneggiatore mette in fila numerose tessere, inanellando retroscena del pianeta Corona e delle questioni familiari irrisolte in casa Ducklair; tanto da fare il nome di Serifa, madre di Juniper e Korinna.
Ai momenti di alta tensione si intervallano altri che riprendono il filone dei buddy movie: Razziatore e Pikappa si fanno strada inaspettatamente, tra una battuta ilare e un’altra, per fronteggiare i numerosi ostacoli che li conduranno poi oltre l’orizzonte degli eventi.
Artibani non ricorre a spiegoni eccessivamente verbosi, anzi, nel primo episodio lancia subito quella che è una sintesi delle puntate precedenti per mezzo del personaggio di Everett. Nelle battute finali del quinto episodio spinge appena l’acceleratore per chiudere il conflitto finale, ma comunque pertinente con quanto accaduto in precedenza per la linea narrativa generale.
Le matite di Lorenzo Pastrovicchio ben si sposano con la scrittura di Francesco Artibani, sempre in grado di dare una dimensione più matura e muscolare ai personaggi e agli sfondi in cui si muovono, perfette quinte teatrali per quanto raccontato nelle cinque storie dal ritmo sincopato. La regia si allarga con splash page potenti ed enfatiche per chiudersi in celle strettissime, utili a suggerire il climax di tensione e di pericolo incombente; aiutate anche dalle scelte cromatiche del buon Max Monteduro.
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