Tra i più grandi nomi che hanno partecipato a VIEW Conference 2019, Brad Bird (regista due volte Premio Oscar ma anche sceneggiatore, animatore, produttore e doppiatore) ha tenuto due seguitissimi incontri durante i giorni del festival. Nella sua masterclass “The Animator As Actor”, Bird ha voluto mostrare alcuni esempi di studio della realtà e trasposizione della stessa secondo le regole dell’animazione, mentre nel keynote il regista ha illustrato come realizzare una sequenza di apertura efficace che possa catturare subito l’attenzione dello spettatore.
Dopo una lunga carriera nel settore delle serie televisive (I Simpson), il suo debutto sul grande schermo è avvenuto nel 1999 con Il gigante di ferro, per Warner Bros Animation. Il film fu un flop commerciale, ma con il tempo è diventato un vero e proprio cult ed è oggi considerato un gioiello dell’animazione. Qualche anno dopo, Brad Bird è entrato a far parte dei Pixar Animation Studios, di cui oggi è un membro fondamentale essendo parte dello Story Trust originario. Per Pixar ha diretto Gli Incredibili (2004), Ratatouille (2007) e Gli Incredibili 2 (2018), uno dei successi cinematografici maggiori dello scorso anno. I suoi film in live action sono Mission: Impossibile – Protocollo Fantasma e Tomorrowland – Il mondo di domani. Attualmente è al lavoro su un film a tecnica mista di genere musical per Sony Pictures.
Di seguito trovate la nostra intervista.
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Cominciamo dalle basi. Qual è la tua definizione personale di animazione?
Brad Bird: “L’animazione è qualcosa che si realizza in maniera non spontanea. È un insieme di frame pensati per essere visti in movimento. Ovvero, realizzi fotogramma dopo fotogramma pensando che dovranno essere visti uno dopo l’altro, insieme. E questo movimento non esiste prima che venga proiettato. Nei film live action una persona si muove e un’altra la riprende, dopodiché quel movimento viene proiettato sullo schermo. Ma in animazione il movimento non esisteva precedentemente, esiste solo nel momento in cui guardiamo il film. Mentre nel live action si tratta di registrare una performance che avviene in tempo reale, in animazione il processo per arrivare a quel risultato è molto differente. Non ho una definizione semplice, ma il concetto è questo. Che sia fatta con i pixel, con carta e matita o con la plastilina, l’animazione è qualcosa che si sviluppa fotogramma dopo fotogramma e che esiste nella sua forma finale soltanto nel momento in cui viene vista da qualcuno su uno schermo”.
Nel corso della tua masterclass hai parlato di come gli animatori studiano la realtà e la rendono credibile attraverso le regole dell’animazione. Ma non pensi che l’animazione stia cercando di imitare un po’ troppo il live action?
Brad Bird: “Per quanto mi riguarda, riprodurre totalmente la realtà non è qualcosa che trovo interessante. Mescolare animazione e live action è interessante, ad esempio un personaggio come Gollum nel Signore degli Anelli è fatto al computer ma condivide lo schermo con un attore in carne e ossa e entrambi devono sembrare reali. Questo è integrare l’animazione con una performance dal vivo. Quanto al creare mondi al computer che sembrino completamente fotorealistici… no, non mi interessa. Sarebbe come costruire un’arancia di argilla che somigli totalmente a un’arancia, e quando la mordi ha più o meno il gusto di un’arancia, e poi dire “ehi!, sembra quasi un’arancia, ne vuoi una?”. Beh io risponderei: “no, grazie, vorrei un’arancia vera!”. E in più, mentre quella vera costa 20 centesimi, quella finta costa 10 milioni di dollari, e non è nemmeno così buona. Penso che il progresso tecnologico sia importante, ma penso anche che sia fondamentale utilizzarlo nel modo giusto. Limitarsi a ricreare qualcosa per renderlo reale non è abbastanza”.
Quindi, qual è il più grande errore che sta commettendo chi adatta i film d’animazione in film live action?
Brad Bird: “Per me, il cuore dell’animazione è la caricatura. Solitamente questa parola è usata negativamente, ma c’è anche un modo giusto di fare caricatura. Ci sono grandi artisti in tutto il mondo, ma il migliore negli Stati Uniti è stato Al Hirschfeld. Nei suoi disegni, le persone somigliavano a se stesse più che dal vivo, perché era in grado di individuare le caratteristiche distintive di ognuno, di amplificarle, di selezionarle e stilizzarle in modo da cogliere l’essenza di una persona. E si può raggiungere questo risultato non solo con il design, ma anche con il movimento. Quando si fa l’imitazione di qualcuno, affinché sia divertente bisogna selezionare i movimenti molto accuratamente ed esagerarli, oppure a volte minimizzarli per ottenere l’effetto desiderato. Penso che l’animazione stia nel cogliere l’essenza di qualcosa e nel rendere questa essenza ancora più forte. Semplicemente riprodurre qualcosa in live action è un obiettivo noioso e non riflette la magia dell’animazione, che invece consiste nel rendere qualcosa più intenso”.
Perché non ami la definizione di “film per bambini”?
Brad Bird: “Perché è limitante, è una definizione che fa pensare che gli adulti vedano i bambini come perenni stupidi. Secondo me se si realizza qualcosa per gli adulti che abbia delle qualità giocose e allegre, i bambini saranno interessati comunque. Se stai facendo un film vuol dire che sei un adulto, ma se il tuo obiettivo è rivolgerti ai bambini vuol dire che stai escludendo te stesso dal pubblico, perché non sei un bambino. Ogni film che io faccio è un film che vorrei vedere al cinema, e penso che il mio pubblico lo comprenda. Non voglio banalizzare nulla, e anche quando immagino un momento che possa piacere ai bambini, so che deve piacere allo stesso modo anche agli adulti. I miei film preferiti quando ero piccolo erano quelli che mi trattavano alla pari. Mi piaceva Bugs Bunny. Oggi molti direbbero che Bugs Bunny è per bambini, ma all’epoca non lo era affatto. Era per il pubblico che voleva vedere film per adulti, con Bogart o con Bettie Davis, e prima di questi film c’era un corto di Bugs Bunny come piccolo antipasto per farli ridere e divertire. Questi corti sono diventati “roba per bambini” quando è nata la televisione, e le televisioni hanno preso queste opere e le hanno trasmesse negli orari in cui i bambini guardavano, così tutti hanno iniziato a pensare che fossero cartoni solo per bambini. Ma se lo fossero, oggi non sarebbero sopravvissuti alla prova del tempo. I cartoni che erano davvero per bambini sono quelli che oggi non ricorda più nessuno, perché non hanno avuto alcun impatto culturale. Invece tutti ridono con un film di Bugs Bunny come ridevano 20 anni fa e come rideranno tra 20 anni. Questo è ciò che a me interessa realizzare”.
Speri ancora di realizzare 1906, il film sul terremoto di San Francisco?
Brad Bird: “Sì. Ma non posso dire molto al momento. C’è una sorta di guerra tra lo streaming e le sale in cui queste ultime stanno praticamente morendo e la TV sta diventando sempre più cinematografica. Il cinema per me è un grande schermo, sconosciuti seduti insieme al buio e un’esperienza condivisa. Penso che ci siano diversi modi sperimentali e creativi per mostrare queste opere, per esempio ho visto un episodio di Breaking Bad al cinema e il pubblico lo ha amato. Ci sarà qualcuno che rivoluzionerà l’esperienza cinematografica e creerà nuove opportunità per il pubblico che vadano oltre il salotto di casa loro. Ovviamente i salotti sono fantastici, ed è bello avere a disposizione tantissimi film 24 ore su 24 in tutti i formati possibile. Ma quando esce un film al cinema, e devi riservare i biglietti, sederti in sala, e poi il film inizia e non si ferma, non faranno una pausa se devi andare al bagno, quindi dovrai bisbigliare al vicino “che mi sono perso?”… ecco, questo è speciale e deve essere preservato per il futuro”.
In quanto regista di film che vengono visti anche dai giovani, pensi di avere una responsabilità nell’educarli al gusto per la sala cinematografica?
Brad Bird: “L’unico modo per educarli è fare film che siano belli da vedere sul grande schermo e esortarli a uscire di casa per vederli. È un discorso molto complicato perché ci sono una marea di ragioni per cui il cinema sta diventando meno interessante per il pubblico, e tutte le ragioni sono in fondo piccole, ma messe insieme stanno facendo del male al cinema. Prima di tutto abbiamo sacrificato i cinema che avevano un’identità propria, un’architettura riconoscibile. Poi abbiamo tolto il sipario che nascondeva lo schermo. Adesso sullo schermo ci sono addirittura le pubblicità e sembra di star guardando la televisione. Per me questi sono insulti al cinema. Le sale cinematografiche non sono più speciali. E i tipi di film che vengono realizzati sono sempre meno interessanti, sono film che vanno sul sicuro. Penso che serva una svolta, penso che i multiplex piano piano scompariranno, ma quelli che resteranno saranno quelli davvero speciali e speriamo che siano protagonisti di una rinascita. Insomma, ci sono moltissime ragioni. Alcuni incolpano gli studi, altri i registi, alcuni le sale, e così via. È un problema difficile e complicato”.
Pictures courtesy of VIEW Conference 2019