Spesso, da appassionato d’animazione, mi son recato al cinema per vedere i lungometraggi dello Studio Ghibli. Ed anche se questo scatenerà le ire di molte persone e soprattutto dei forti appassionati, quasi ogni volta son uscito dalla sala con qualche perplessità riguardate la sceneggiatura del film. Non altri aspetti. A volte perchè troppo complessa, altre volte perchè poco approfondita.
Questo, però, non è il caso de “La Storia della Principessa Splendente“.
La prima definizione che ho dato a questo film, infatti, è stata quella di “Capolavoro Assoluto”.
Da sempre siamo abituati a vedere il Giappone attraverso storie di guerrieri straordinari, leggende misteriose e banali scontri. Isao Tahakata, invece, rischia.
Dopo il successo del suo ultimo film, risalente a più di 10 anni fa, torna con questa poesia visiva, ancora una volta tratta da un racconto popolare nipponico, “Kaguya-Hime no Monogatari”.
La storia narra le vicende di un tagliatore di bambù e di sua moglie che, un giorno, si ritrovano ad esser, quasi casualmente, genitori di una bambina discesa dalla Luna perchè affascinata dal nostro mondo e dalle sue emozioni.
L’elevato approfondimento psicologico di ogni singolo personaggio ci permette di analizzare, finalmente sotto un punto di vista prettamente femminile ed immacolato, l’epoca medievale di queste lontane terre. La condizione della donna è chiaramente ciò che più si vuol mettere in evidenza. In particolare la condizione di una donna libera, o meglio di una bambina libera, che secondo antichi costumi cresce costretta dal troppo affetto che non sempre è in grado di stabilire ciò che più sia giusto. Anzi, riesce ad accecare persino gli occhi di figure oneste come quelle che possono essere i genitori adottivi della piccola. Quanto una rude scalata sociale può rendere liberi e far trovare la propria felicità? Il film riesce perfettamente a risponderci.
Certamente, oltre a questa insolita visione, l’elemento che più vi affascinerà sarà quello dell’animazione.
Siamo abituati, da grande case cinematografiche statunitensi, all’uso della moderna CGI. Lo Studio Ghibli, coerente con la propria storia, non ha mai abbandonato il disegno tradizionale. Anche se questa scelta, c’è da ricordarlo, l’ha portato alla momentanea chiusura. Mai è stata fatta cosa migliore. Dimenticate quello che è il tratto definito del recente Si Alza Il Vento e fatevi trasportare fra bambù, vesti e capelli evidentemente disegnati a mano. Tecnicamente impeccabile, questo particolare stile è portato ai suoi massimi livelli nelle scene in movimento e con l’accentuata espressività dei volti.
Il tutto è posto su una surreale base ad acquerello, per scelta poco definita, che richiama le opere pittoriche del tempo con colori miti e poco saturi.
La durata, superiore alle due ore, non comporta il minimo sforzo all’adulto che guarderà il film. Al limite potrà dare problemi al bambino, se non educato alla settima arte. Pochi sono i momenti di smarrimento che la pellicola concede, grazie ad un’ironia tutt’altro che invadente e perfettamente integrata. Quasi shakespiriana, direi, ricadendo interamente su alcuni personaggi.
L’adattamento italiano, inoltre, è per scelta estremamente curato ed alcuni vocaboli utilizzati aiuteranno il pubblico ad esser trascinato in questa lontana epoca.
Unica pecca, direi, la distribuzione italiana, purtroppo limitata a soli tre giorni. Scelta discutibile. Ottima in quanto permette incassi certi e comunque la possibili di vederlo in sala, pessima considerando che non sempre si può andare al cinema durante tre giorni infrasettimanali.
Non posso che augurami, come annunciato dalla Lucky Red, che il film esca presto in Home-Video, in modo tale da poterne gustare nuovamente lo stile orientaleggiante e l’incantevole cura con la quale è stato realizzato. Per tanto, non posso che esortavi all’acquisto ed alla visione.