Saetta McQueen è senza dubbio uno dei personaggi della Pixar più noti, soprattutto tra gli spettatori più piccoli, per i quali è un vero idolo. In fondo da sempre i bambini sono affascinati dalle macchine. Una passione, quella per le quattro ruote, condivisa dal regista John Lasseter. Proprio questo suo amore per i motori lo ha portato a dare vita nel 2006 a Cars.
Il film di animazione con protagoniste macchine antropomorfe è stato scritto dallo stesso regista insieme a Dan Fogelman, Joe Ranft, Kiel Murray, Phil Lorin, Jorgen Klubien. Una vicenda che come spesso accade nel cinema prende spunto dalla vita reale. Infatti l’idea per il film venne a Lasseter durante un lungo periodo di vacanza. Dopo le riprese di Toy Story 2, insieme alla famiglia, il cineasta intraprese un viaggio in camper attraverso la mitica Route 66, una delle prime Highway Federali che in origine collegava Chicago con la spiaggia di Santa Monica. Una strada lunga 2.448 miglia (3.755 km) che attraversa gli stati Illinois, Missouri, Oklahoma, Texas Nuovo Messico, Arizona e California.
L’autostrada, nata nel 1926, per decenni è stata una delle vie più percorse d’America, tanto da essere uno dei maggiori motivi di prosperità delle comunità nelle sue vicinanze. Infatti grazie alla sua popolarità era molto trafficata e questo ha permesso negli anni un grande sviluppo economico. Almeno fino al 1985, quando a causa del nuovo Interstate Highway System la via fu rimossa ufficialmente dal sistema delle highway. Oggi la strada è nota con il nome di Historic Route 66.
Quello che pochi sanno è che la Pixar già nel 1998 aveva in cantiere un film con protagonista una macchina. Il film dal titolo The Yellow Car venne scritto da Jorgen Klubien, animatore e sceneggiatore noto per aver lavorato a The Nightmare Before Christmas, Il re leone, Frankenweenie e appunto Cars. La vicenda vedeva protagonista un auto elettrica in un mondo dominato dal gas. Un film che avrebbe dovuto arrivare nei cinema dopo A Bug’s Life all’inizio del 1999, basti pensare che vennero prodotti alcuni disegni. Ma infine venne scartato a favore di Toy Story 2.
Ma si sa, nel cinema i progetti che vengono accantonati non sono mai scartati del tutto. Spesso ritornano a nuova vita, anche se con sostanziali modifiche. Lo spunto per Cars avvenne anche grazie al documentario Divided Highways, il quale analizza il modo in cui le highway hanno influenzato l’economia delle piccole città situate lungo il loro percorso. Jonh Lasseter ha raccontato di come lui e Joe Ranft rimasero commossi dalla storia di queste città e di cosa avesse voluto dire per loro essere tagliate fuori da tutto a causa del nuovo sistema autostradale. I due iniziano così le ricerche riguardanti la mitica Route 66.
Al ritorno dalla già citata vacanza, Lasseter contattò Michael Wallis, storico della Route 66. Così per 11 animatori Pixar iniziò una vera e propria ricerca sul campo. A bordo di due cadillac Wallis li portò lungo due diversi viaggi attraverso la nota autostrada. “Ho sempre amato le macchine. In una vena mi scorre sangue disneyano, nell’altra olio per i motori. L’idea di combinare queste due mie passioni era irresistibile”. Parole di John Lasseter. Un amore per i motori che ha portato il regista a lavorare duramente per far essere Cars più realistico possibile.
Oltre ad aver visitato gli studi di progettazione della Big Three Detroit, Lasseter ha imparato a progettare automobili reali. Inoltre il lavoro di animazione ha richiesto mesi di prove e di errori. Gli animatori hanno lavorato senza sosta per ottenere movimenti unici per ogni personaggio in base all’età e al tipo di auto.
Un lavoro che ha portato alla decisione di mettere gli occhi dei personaggi sul parabrezza, a differenza di molte auto antropomorfe che invece li hanno sui fanali, come Eddie, il taxi di Chi ha incastrato Roger Rabbit. Una decisione che ha portato i personaggi di Cars ad assomigliare ed omaggiare Susie the Little Blue Coupé di Disney e One Cab’s Family di Tex Avery. Una decisione dovuta anche ad un motivo visivo: mettere gli occhi sul parabrezza conferisce alla macchina un aspetto più simile al volto umano, inoltre consente a tutta la struttura del veicolo di partecipare ai suoi movimenti.
Cars ha fatto della “verità” il suo mantra. Lasseter ha preteso che le macchine presenti nel film fossero vere al 100%. Il responsabile del dipartimento dei personaggio Jay Ward ha dichiarato che il regista non voleva che le auto risultassero troppo rigide o troppo morbide, ma che esternassero al meglio le caratteristiche del materiale con cui sono fatte.
Così, per rendere al meglio i movimenti di vetture fatte di acciaio, la lavorazione del film è iniziato con disegni a matita, passando poi per la modellazione e l’ombreggiatura. Solo alla fine è arrivata l’animazione, che come già detto non è stata facile. Un lavoro realistico che ha visto coinvolti anche il reparto ombreggiature. Lasseter ha preteso che anche le verniciature delle macchine e i loro riflessi fossero realistici.
Una lavoro sulla verità che ha visto impegnato tutto il reparto tecnico, anche per quanto riguarda il paesaggio. Da questo punto di vista è stato fondamentale il viaggio intrapreso dagli animatori sulla Route 66. La città di Radiator Springs e i paesaggi circostanti sono il risultato di un accurato studio, rappresentando al meglio quanto visto dagli animatori Pixar lungo la loro gita. Basti pensare che la città di Cricchetto e soci è ispirata a varie città che si trovano lungo la Route 66, principalmente alla città di Saligman in Arizona.
Il lavoro sul campo ha pagato molto bene: quando Cars arrivò nei cinema di tutto il mondo riuscì a conquistare il botteghino. Nel solo weekend di debutto negli USA incassò oltre 60 milioni di dollari, arrivando ad incassarne oltre 460 nel mondo. Un successo dovuto ad una storia che per quanto lineare e prevedibile risulta avvincente, piena di umorismo, azione e dramma, oltre ad un’animazione fantastica. Un film che omaggia oltre alla mitica strada anche il mondo delle automobili (da corsa e non) e la Nascar, campionato di auto da corsa americano.
Il film fu anche candidato agli Oscar, come miglior film d’animazione e miglior canzone a Randy Newman per Our Town. Ma venne battuto rispettivamente da Happy Feet di George Miller e da I Need to Wake Up di Melissa Etheridge, canzone del film Una scomoda verità.
Visto il risultato al botteghino del film, e l’amore soprattutto dei più piccoli per i personaggi, la Pixar decise di mettere in cantiere un sequel. Così nel 2011 arrivò Cars 2, diretto ancora una volta da John Lasseter e sceneggiato da Ben Queen. Dopo essere diventato un campione, questa volta il protagonista Saetta McQueen lascia le piste della Piston Cup per approdare al World Gran Prix, omaggio al campionato di Formula 1.
L’idea per il sequel venne sempre a John Lasseter, per la precisione durante il tour promozionale di Cars. Il regista ha dichiarato che mentre viaggiava per il mondo continuava a chiedersi cosa avrebbe fatto Cricchetto nei vari Paesi che visitava. Per esempio lo immaginava guidare nel lato sbagliato della strada in Inghilterra, mentre cerca di capire i segnali stradali in Giappone o magari mentre incontra scooter in Italia.
Così, a cinque anni di distanza dal primo capitolo, Saetta McQueen tornò a sfrecciare al cinema, facendo di Cars il secondo film Pixar a divenire un franchise dopo Toy Story. Il sequel è una pellicola dove la trama è perfetta come parodia di James Bond e i film di spionaggio, un po’ meno come film sulle corse. Infatti la vicenda è principalmente incentrata su Cricchetto, il migliore amico di Saetta. Nonostante una storia poco convincente, il successo al botteghino fu travolgente, ancora più che con il predecessore. A fronte di un budget di 200 milioni di dollari, ne incasserà quasi 560 in tutto il mondo.
Un esito così positivo spinse allora la Disney a portare i personaggi del film sul piccolo schermo. Nacquero così i Cars Toons – i cui titoli delle serie sono Mater’s Tall Tales e Tales from Radiator Springs – una serie di corti animati con protagonisti Cricchetto (Mater in originale) e Saetta McQueen. Gli episodi raccontano avventure inedite vissute dai due amici. A questa serie va aggiunto il corto Mater and the Ghostlight. Prodotto appositamente per la versione DVD di Cars, lo short film racconta la storia di Cricchetto perseguitato da una misteriosa luce blu.
Allo stesso modo, si decise di ampliare ulteriormente il brand dando vita anche a due spin-off, affidati ai DisneyToon Studios (e quindi non parte della filmografia Pixar). Planes (2013) e Planes: Fire & Rescue (2014) sono ambientati nello stesso mondo di Cars, ma hanno per protagonisti degli aeroplani. Personaggio principale è Dusty Crophopper, aereo agricolo con la passione per le gare di volo ma che soffre di vertigini. Nel primo capitolo assistiamo alla partecipazione di Dusty alla prestigiosa gara Rally Ali intorno al Globo (parodia del Trofeo MacRobertson), mentre nel secondo scoprendo di non poter più gareggiare deciderà di divenire un aereo pompiere.
Nonostante recensioni non lusinghiere per entrambi i capitoli, i due spin-off hanno incassato rispettivamente 225 e 150 milioni di dollari. Incassi che hanno convinto la Disney a dare vita ad un terzo capitolo, che uscirà nel 2019 e non avrà più per protagonista Dusty, ma sposterà l’azione agli aerei spaziali. Come se non bastasse è ancora aperta la possibilità di spin-off con protagonisti barche, treni e altri veicoli.
Quando sembrava che Saetta McQueen avesse esaurito il carburante, ecco che il campione della Piston Cup è pronto ad una nuova sfida. La macchina pura velocità è infatti tornata in pista in Cars 3. Entrato in produzione nel 2014, il film è stato rilasciato negli USA il 16 giugno 2017 ed in Italia il 14 settembre dello stesso anno.
Il film segna l’esordio alla regia di Brian Fee, storico storyboard artist ed animatore Pixar. Un film che come ha rilevato John Lasseter avrebbe omaggiato Lupin III: Il Castello di Cagliostro di Hayao Miyazaki nella forma di una vecchia Citroen 2CV. Stando alle parole del co-sceneggiatore Kiel Murray, Cars 3 è un ritorno alle origini, e allo stesso tempo un capitolo “conclusivo” che si chiede quale futuro attenda Saetta McQueen, ormai prossimo alla pensione.
Dalla sua uscita, a fronte di un budget di 175 milioni di dollari, Cars 3 ne ha incassati nel mondo oltre 350. Un risultato a cui vanno sommati i quasi sei milioni di euro del botteghino italiano. E voi siete tornati in pista con Saetta McQueen?
redazione
Nove anni fa, il 27 giugno 2008, è uscito nelle sale statunitensi Wall-E, il nono lungometraggio dei Pixar Animation Studios.
Risulta facile innamorarsi del tenero robottino creato da Andrew Stanton ed è per questo che, in occasione del suo anniversario, abbiamo deciso di dedicargli una lista di dieci curiosità.
Leggetele tutte nella gallery di seguito.
Qual è la vostra preferita?
Era il 2003 quando nei cinema di tutto il mondo arrivava La maledizione della prima luna (Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl). La pellicola diretta da Gore Verbinski (Rango, The Lone Ranger) vedeva il pirata Jack Sparrow affrontare l’equipaggio della Perla Nera, temibile nave pirata su cui pende una maledizione azteca. Al suo fianco il giovane fabbro Will Turner e la risoluta Elizabeth Swann, figlia del Governatore inglese a Port Royal.
Jack Sparrow – scusate, Capitan Jack Sparrow – è senza dubbio uno dei personaggi più amati del cinema degli ultimi anni. Lo scalcinato pirata interpretato da Johnny Depp con ironia, divertimento, azione e un goccio di rum è entrato di diritto nell’immaginario collettivo della cultura pop. E nonostante siano passati ben 14 anni dall’uscita del primo capitolo, l’interesse intorno alla saga non è mai scemato; al contrario, è sempre aumentato.
Dopo tre sequel in cui ha affrontato Davy Jones e trovato la Fonte dell’eterna Giovinezza, ora Capitan Jack è pronto a salpare ancora i sette mari per una nuova avventura che lo vedrà affrontare un temibile nemico, fare nuove alleanze e ritrovare vecchie conoscenze. A dargli la caccia stavolta è una nave di marinai fantasma capitanata dal vendicativo e spietato Armando Salazar. Obiettivo del capitano spagnolo è liberare i mari dall’infestazione pirata, iniziando proprio da Jack, l’unico che lo abbia mai sconfitto. Fuggito dal Triangolo del Diavolo dove era imprigionato, a bordo della Silent Mary inizierà la ricerca proprio dello svampito pirata. Unica speranza di sopravvivenza per Jack Sparrow è il leggendario tridente di Poseidone. Per trovarlo si alleerà con la brillante astronoma Carina Smyth e il tenace Henry Turner, giovane marinaio della Royal Navy. Al loro fianco anche Capitan Barbossa, come sempre indeciso se aiutare il buon vecchio capitano o venderlo al miglior offerente.
Possiamo sicuramente augurare un buon bentornato al Capitan Jack Sparrow. A cinque anni dal non esaltante Oltre i confini del mare, con questo nuovo capitolo la saga di Pirati dei Caraibi ritrova la via smarrita. Il nuovo film infatti ripropone tutti gli elementi che avevano portato il franchise ad essere uno dei più amati degli ultimi anni.
Ritroviamo così un mix vincente di azione, avventura, divertimento e comicità. Sin dai minuti iniziali Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar riesce a catturare lo spettatore e lo fa come meglio non poteva, con un prologo che ci fa ritrovare una vecchia conoscenza, introduce il nuovo protagonista della storia e la missione che si prefigge di portare a compimento. Come ogni avventura che si rispetti però l’azione arriva piano piano. Come un motore diesel la storia prende ritmo con calma. Così, dopo il prologo vengono presentati prima i protagonisti della storia, i loro nemici e l’obiettivo comune che questi hanno.
Ci ritroviamo quindi nelle soleggiate isole dei Caraibi dove ritroviamo un Jack Sparrow sempre più intimo con il rum e con belle signore. Un pirata sempre più svampito e macchietta. Un uomo che nonostante la grande malinconia che lo affligge per aver perso la Perla Nera non ha abbandonato di certo la vita del pirata. Un personaggio sempre più divertente, scanzonato e perseguitato dai guai. Protagonista assoluto di scene piene d’azione e humor.
Oltre al Capitano facciamo anche la conoscenza dell’astronoma Carina Smyth, determinata e testarda ragazza alla ricerca di un luogo leggendario in cui è convinta di trovare un tesoro che cerca da tempo. Una nuova eroina che quanto a risolutezza non è seconda a nessuno e che suo malgrado si ritroverà sempre in mezzo ai guai, anche perché una donna che nel XVII secolo fa quello che fanno gli uomini in maniera migliore non può che essere una strega e per questo viene perseguitata.
La sceneggiatura è uno dei punti di forza del film. Lo screenwriter Jeff Nathanson ha dato vita ad una storia avvincente piena di suspance, combattimenti, misteri da risolvere e intrighi. Sarà impossibile staccare gli occhi dallo schermo per tutti i 129 minuti di durata. Il tutto condito da una colonna sonora inconfondibile, anche se rielaborata.
Ottimo anche il cast. Se Johnny Depp e Geoffrey Rush sono ormai una garanzia nei ruoli di Jack Sparrow e Barbossa che per loro sono ormai una seconda pelle, non deludono le new entry. Javier Bardem è perfetto nei panni del vendicativo e spietato Salazar, mentre Brenton Thwaites e Kaya Scodelario restituiscono al meglio due giovani intraprendenti e testardi.
Incredibili come sempre gli effetti speciali. La ciurma di morti di Salazar è riprodotta con una minuzia di particolari incredibile. Dei veri e propri spettri che portano il mare con loro, che nonostante cammino in superficie sembra si muovano sott’acqua. Non è da meno la Silent Mary. Della nave fantasma vengono riprodotti uno ad uno tutti i danni che la caratterizzano, estensione dell’odio del capitano spagnolo. Un vero e proprio personaggio a sé stante.
Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar è quindi senza dubbio uno dei migliori film della saga, secondo solo a La maledizione della prima luna. Il film riesce a ritrovare la rotta che sembrava smarrita dal precedente capitolo ed è quindi una pellicola che non deluderà i fan di vecchia data. Come sempre, ricordatevi infine di non lasciare la sala prima della scena extra dopo i titoli di coda.
Topolino e gli Amici del Rally, l’intervista ai doppiatori Nerì Marcorè e Guido Meda
Durante la conferenza stampa di presentazione della nuova serie animata di Disney Junior, Topolino e gli Amici del Rally in onda sul canale a partire dal prossimo 19 aprile, abbiamo intervistato Neri Marcorè e Guido Meda che per l’occasione presteranno la propria voce a due personaggi protagonisti di un episodio ambientato a Roma: Roby Roberts, un famoso scrittore di libri di viaggio e Luigi, una rinomata guida turistica romana che verrà aiutato da Minni e Paperina.
Entrambi ci hanno parlato dell’esperienza in sala di doppiaggio e della loro passione per la compagnia di Topolino.
Quanto vi ha aiutato il vostro background sportivo con questa esperienza?
Guido Meda: Sono cresciuto con i motori da una parte e con Disney dall’altra. É stato molto bello trovare questo richiamo anche in una serie animata. Lo show si incastra bene con il panorama televisivo odierno. Gli ascolti televisivi di MotoGP e Formula Uno stanno andando molto bene. Molti bambini sono appassionati e avere qualcosa di simile può fare solo del bene.
Neri Marcorè: Conosciamo benissimo il lavoro che c’è dietro a questa serie. Avrà sicuramente un grande successo tra i fruitori del canale, attirando sia grandi che piccini. Sono stato sempre lontano dai motori, mentre d’altro canto mi attraggono gli sport fisici come ping pong, wrestling o bowling [ride].
Neri, a chi ti sei ispirato per la voce di Roby Roberts?
Dal 1995 al 2000 ho lavorato principalmente come doppiatore. Mi sono ispirato molto al modello che mi è stato riproposto. Roby è molto preciso, quindi ho cercato di replicare la voce del doppiatore originale.
In passato hai già doppiato Doug, il cane di Up.
Per doppiare un cane ci vuole un cane. É un personaggio molto divertente, con caratteristiche ben studiate. Ho cercato di caratterizzarlo al meglio, inserendo qualche elemento italiano. Scoiattolo!
Guido, la mimica ti ha aiutato a entrare nel personaggio?
Questa è stata la mia prima esperienza come doppiatore. Mi hanno spiegato tutto in sala doppiaggio. Una volta imparate a memoria le battute ho unito l’espressione alle movenze del personaggio.
Nell’episodio ambientato a Roma, Topolino afferma che l’amicizia è più importante della vittoria. Pensate che questa cosa sia possibile anche nella vita reale?
Guido Meda: É importante che lo show trasmetta il valore dell’amicizia ai bambini. Nella realtà sportiva, l’amicizia può venir fuori quando c’è un danno fisico. In passato ho subito una lesione dopo un’incidente stradale. Molti sportivi sono venuti a trovarmi in ospedale, anche se non erano miei amici. Lo sono diventati dopo.
Che rapporto avevate con il mondo Disney quando eravate piccoli?
Neri Marcorè: Ho imparato a leggere grazie a Topolino, mia madre mi dava una mano. Quel magazine è legato ai miei primissimi anni di vita, quando non c’era la TV. Quindi devo molto ai personaggi Disney.
Guido Meda: Sono cresciuto con i film Disney al cinema. Adesso gli ho riscoperti da padre e vedendoli con i miei figli ho notato che mentre i film non animati come ‘Ombre Rosse’ oggigiorno risultano obsoleti, i film Disney rivisti dopo anni sono sempre interessanti dall’inizio alla fine. Amavo Herbie, il maggiolino tutto matto, tanto che quando ero abbastanza giovane con i miei risparmi ne ho acquistato uno.
Topolino e gli Amici del Rally andrà in onda dal 19 aprile ogni mercoledì alle ore 17.00 su Disney Junior (canale 611 disponibile solo su Sky).
A partire da Alice in Wonderland, di fatto posto come il seguito del film d’animazione del 1951, abbiamo visto con Maleficent – Il Segreto della Bella Addormenta e Cenerentola come due lungometraggi usciti a distanza di meno di un anno possano esser prodotti in modo totalmente diverso: se il primo giocava su una reinterpretazione di un mondo conosciuto numerosi anni prima, il secondo aveva come obiettivo quello di rendere (più) attuale una storia ben nota raccontandoci qualcosa di inedito.
Nonostante sembrasse che il secondo modo di rivedere i Classici dei Walt Disney Animation Studios fosse il più apprezzato e utilizzato dei due (con lo stesso metodo sono stati infatti realizzati Il Libro della Giungla o Il Drago Invisibile), con La Bella e La Bestia è stata aperta una terza strada.
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Come avevamo già intuito dai materiali diffusi, il film di Bill Condon fa più che strizzare un occhio al lungometraggio d’animazione di Gary Trousdale e Kirk Wise… lo indossa come fosse un grande e pomposo abito perdendo ogni propria aspirazione di originalità, soffocando la visione autoriale che precedentemente firme come Kenneth Branagh o Jon Favreau erano stati in grado di mostrare.
Il nuovo lungometraggio diventa così una vera e propria conversione del Classico del 1991, da cartone animato a film con alcuni fra i grandi nomi del momento. Nonostante ci sia la voglia di inserire nuovi elementi come la storia della madre di Belle o il motivo della crudeltà del principe, l’equilibrio fra inedito e già visto è decisamente poco bilanciato.
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Allo stesso modo la credibilità e la caratterizzazione degli interpreti in carne e ossa viene superata dallo stupefacente risultato dell’animazione e del movimento degli oggetti parlanti, nonostante i limiti che la CGI potrebbe avere soprattutto se paragonati alla libertà che il 2D si è potuto sempre permettere, dal momento che non ha come scopo l’essere realistico.
E difatti Emma Watson e Dan Stevens (impellicciato sotto un costume con un volto piatto e un pelo finto che lascia solo intravedere i seducenti occhi blu dell’attore) non riescono a reggere il confronto con l’arte di Mark Henn e Glen Keane (e altri numerosi artisti degli studi). Dopotutto parliamo di due (Belle e la Bestia) dei migliori esempi di espressività che l’animazione tradizionale abbia mai visto, in grado di rilanciare lo studio d’animazione più famoso al mondo.
Nota di merito, invece, per il Gaston di Luke Evans e il Le Tont di Josh Gad (nonostante per quest’ultimo si potesse osare di più, visto il polverone alzato negli ultimi giorni, rispetto alla velata omosessualità del personaggio che nel finale sembra quasi negata).
I due, oltre a portare una buona dose di ironia, denotano due ottime prove attoriali grazie a una grande sinergia. Allo stesso modo il resto della compagnia formata da Emma Thompson a Ewan McGregor e Ian McKellen avvolge con le proprie voci e emozionando con la loro presenza (peccato vederli per pochi istanti).
Un altalenante gioco di alti e bassi è infine rintracciabile nei costumi, nelle luci e nelle scenografia. Se in alcune sequenze come l’esibizione cantata di Stia Con Noi sembra esser stato svolto un grande lavoro, altre, come la famosa scena del ballo, non riescono a suggestionare particolarmente.
E nonostante i continui tentativi del regista di far entrare il pubblico nelle ambientazioni del film, come se ci si trovasse a Broadway, l’effetto risulta essere opposto per colpa di un montaggio che taglia di netto dall’azione lo spettatore.
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Persino il lavoro sulle musiche di Alan Menken e Tim Rice non riesce a stupire (avendo raggiunto livelli eclatanti già nel film e ancor più nello spettacolo teatrale), ma a creare solo un effetto nostalgia. Chissà se questo basti a spiegare e a far chiarezza sul senso di una produzione come La Bella e La Bestia: affascinante ma non necessaria.
“La curiosità porta verso nuovi orizzonti” e doverlo ricordare dopo aver analizzato un film della The Walt Disney Company con una protagonista forte come Belle non dovrebbe esser così scontato.
Presentata al Museo Internazionale del Calcio “La Stringa D’Oro” di Milano, O11CE – Undici Campioni è una nuova produzione firmata Disney Channel America Latina (nata in collaborazione con Disney Channel EMEA) la cui prima stagione andrà in onda su Disney XD dal prossimo 20 marzo. Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare tre dei giovani attori che compongono il cast principale: Mariano González, Sebastián Athié e Paulina Vetrano ci hanno raccontato alcuni retroscena legati alla nuova serie Disney.
O11CE – Undici Campioni è una serie sullo sport, le conquiste e il superamento degli ostacoli, in cui il calcio diventa metafora delle sfide da affrontare per raggiungere i propri obiettivi personali. Protagonista è Gabo, un ragazzo di 16 anni sensibile e generoso, che ha un grande sogno: diventare un calciatore professionista. L’occasione arriva quando il suo straordinario talento viene notato da Francisco, l’allenatore della prestigiosa accademia sportiva IAD, che gli offre una borsa di studio e un posto nella squadra della scuola, i “Falchi Dorati”. La sua vita cambierà totalmente, Gabo vivrà emozionanti avventure che lo porteranno anche a scoprire alcuni segreti sulla sua famiglia. A proposito di Mariano González. Il giovane Gabo ci ha confessato che ha sempre sognato recitare: “Ora posso intraprendere questo sogno sia nel campo del cinema che nella TV. In questo settore ci sono infinite possibilità ed è questo che mi piacerebbe fare da grande. Il mio modello è Ricardo Darin, un attore e regista argentino molto umile.”
Nel suo percorso Gabo dovrà affrontare Lorenzo, il celebre centravanti della squadra interpretato dal giovane attore messicano Sebastián Athié. Lorenzo, goleador inarrestabile, è un ragazzo egocentrico e presuntuoso che farà di tutto per impedire a Gabo di diventare leader dei “Falchi Dorati” al suo posto.
Athié ci ha parlato del casting e delle sue aspirazioni: “Ho fatto il provino per Ricky (migliore amico di Gabo), ma poi mi hanno proposto il personaggio di Lorenzo. I villain mi hanno sempre attratto. Uno dei fattori che condivido con Lorenzo è la perseveranza; fin da piccolino anche io amavo recitare. Sogno in grande penso al cinema e ai cortometraggi per il mio prossimo futuro. Non recito per vivere, ma vivo per recitare. Mi piace pormi degli obiettivi, crescendo come persona. I miei role model sono Gabriel Garcia Bernard, Diego Luna (Star Wars) ma soprattutto Leonardo Di Caprio.”
O11CE – Undici Campioni attende i fan del calcio e non solo con un cast di giovani e talentuosi attori tra cui l’attrice argentina Paulina Vetrano che interpreta Zoe, l’allegra e carismatica figlia di Francisco, l’allenatore dei “Falchi Dorati”.
“Sin da bambina recitavo con le mie sorelle e con le mie compagne.” ci ha rivelato la Vetrano. “Oltre al cinema e alla TV mi affascina il mondo della musica. La mia artista preferita è Beyoncé. Vorrei tanto essere come lei.”
Insieme a lei anche gli attori messicani Juan David Penagos e Juan de Dios Ortiz, il brasiliano Luan Brum, e gli argentini Federico Gurruchaga, Fausto Bengoechea, Javier Eloy Bonanno, Nicolás Pauls, Verónica Pelaccini, Agostina Fabrizio e Agustina Palma.
L’appuntamento con O11CE – Undici Campioni è a partire dal 20 marzo, da lunedì a venerdì alle ore 19.20, su Disney XD (canale 616 di Sky) per 80 episodi da 22 minuti ciascuno.
In questi due giorni (24-25 gennaio) potrete trovare al cinema un nuovo capolavoro dell’animazione. Si tratta di Your Name, l’ultima fatica di Makoto Shinkai, già regista di 5 cm al Secondo, Il Giardino delle Parole e Viaggio verso Agartha.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=fk0iJgWpddg]L’anime è distribuito da Dynit e Nexo Digital, e arriva da noi sulla scia di un successo senza eguali sia in Giappone che all’estero. Ha infatti scalato la classifica degli anime più redditizi a livello internazionale fino a raggiungere il primo posto, superando il capolavoro dello Studio Ghibli La città incantata, diretto da Hayao Miyazaki.
Quel giorno in cui sono cadute le stelle è stata come… Come una visione dentro a un sogno, niente meno di questo. Uno spettacolo magnifico.
Makoto Shinkai (insieme a Mamoru Hosoda) rappresenta ormai il nuovo volto dell’animazione giapponese. Si è distinto fin dal suo esordio con corti autoprodotti come Lei e il gatto e Voices of a distant star, dove già mostrava la sua capacità inedita di raccontare i sentimenti con una semplicità, una delicatezza e un rispetto unici; senza avere paura però di far svoltare la storia verso la fantascienza e il fantastico. Questi due temi saranno sempre al centro della sua narrativa, ma Your Name va oltre, li unisce e li accomuna in maniera nuova, sorretti da una storia che nasconde molto di più di quello che vuole far apparire.
Capita in più punti di avere l’impressione che il film stia per finire, ma questo possibile punto debole è quasi solo apparente. Subito dopo accadrà qualcosa che trasformerà completamente tutto quello che avete immaginato fino a quel momento. La grandezza del film è qui, in questa capacità di sembrare scontato, ma non esserlo; di farti capire per poi ingannarti. Shinkai fa finta di accompagnarci in una direzione, per poi prendere tutto quello che si è pensato fino a quel momento e buttarlo via in maniera sorprendente.
Su questi snodi fondamentali si nota la bravura nel passare da un genere all’altro con incredibile naturalezza: iniziando dal classico film giapponese adolescenziale si passa poi per sketch comici, intermezzi musicali, parentesi sentimentali e concludere nel più puro fantasy/fantascientifico. Vi è una compresenza di generi diversi che non solo non stona minimamente, ma riesce a dare un pregio ulteriore al film e ne sottolineano l’attenta scrittura. La sceneggiatura rimane infatti il punto più forte del film, una storia che riscrive sempre se stessa, che riesce a rivoluzionarsi rimanendo nella sua cornice perfettamente coerente.
L’animazione tiene testa alla storia, portando ad un livello superiore il già riconoscibile stile visto nei precedenti lavori, come Il Giardino delle Parole. Una gestione attentissima delle luci e dei colori, che sanno essere estremamente vividi come morbidi, accompagnano tutto il film, ingioiellate da sequenze in time-lapse che restano impresse per il loro fotorealismo.
Chi conosce i suoi precedenti lavori riuscirà a rivederci tutto: la struggente intimità di 5 cm al secondo, il mondo magico di Agartha, la fantascienza dei primi lavori, l’intimità de Il Giardino delle Parole. Shinkai aveva già parlato di tutto questo, ma sembra che ora abbia conosciuto veramente il nome di ciò che voleva dire:
Come ti chiami?
Your Name vede protagonisti i giovani Mitsuha e Taki. Mitsuha è una studentessa che vive in una piccola città rurale e desidera trasferirsi a Tokyo, nella grande metropoli dove ogni sogno si può realizzare. Taki è uno studente di liceo che vive proprio a Tokyo, ha un lavoro part-time in un ristorante italiano, ma vorrebbe lavorare nel campo dell’arte o dell’architettura. Una notte, Mitsuha sogna di essere un giovane uomo, si ritrova in una stanza che non conosce, ha nuovi amici e lo skyline di Tokyo si apre dinnanzi al suo sguardo. Nello stesso momento Taki sogna di essere una ragazzina che vive in una piccola città di montagna che non ha mai visitato. Ma quale sarà il segreto che si cela dietro questi strani sogni incrociati?
N.B. – Il film è prodotto da Walt Disney Pictures in America, ma distribuito da Medusa in Italia.
L’amicizia tra due persone è fondamentalmente l’incontro tra due mondi, che per quanto simili sono sempre comunque diversi. Una diversità che permette alle due persone di apprendere l’uno dall’altro e di capirsi vicendevolmente. Uno scambio che diviene molto più intenso e profondo quando ad incontrarsi sono due persone facenti parte di mondi opposti.
Proprio di un incontro tra mondi opposti parla Il GGG – Il Grande Gigante Gentile, storia di un’amicizia molto particolare tra l’orfana Sofia, bambina molto determinata, e un gigante buono, che a differenza dei suoi simili non si nutre di carne umana ma di verdure. Tra i due nasce subito una bella amicizia e non solo si aiuteranno a vicenda, ma insieme riusciranno a sventare il malvagio piano degli altri giganti.
Dopo anni di tentativi mai giunti a termine di far divenire l’omonimo romanzo per ragazzi di Roald Dahl un film per il cinema, a realizzare l’impresa non poteva che essere un regista che ha fatto della magia e della fantasia i punti cardine della sua filmografia. Non poteva che essere Steven Spielberg a portare sul grande schermo un’amicizia così speciale.
Il regista torna a fare ciò che gli riesce meglio, dare vita a storie tanto fantastiche e magiche quanto coinvolgenti ed emozionanti. Torna a raccontare una storia di amicizia che vede l’incontro di due persone sole che riescono a riempire quel senso di vuoto che avvertono diventando amici ed aiutandosi a superare le proprie paure.
Sceneggiato dalla compianta Melissa Mathison (nota ai più per aver lo script di E.T. l’extraterrestre), il film porta sullo schermo in maniera lineare un racconto che nella versione cartacea è diviso in episodi, ma che ne mantiene lo spirito di magia e avventura. Viene riportata nel migliore dei modi una storia che tratta valori come la lealtà, temi come la ricerca del proprio io e dove non manca un messaggio per i più grandi, spesso troppo concentrati su loro stessi per poter dare ascolto ai bambini e troppo razionali per riuscire a vedere la magia che c’è nel mondo.
Come nella vita vera, ne Il GGG non è tutto rose e fiori ma vi sono momenti difficili e attimi di terrore. C’è la luce e c’è sempre anche l’ombra: Spielberg questo lo sa bene e sa anche meglio che i bambini sono più perspicaci di quanto gli adulti possano immaginare. Il regista premio Oscar non illude i piccoli spettatori che non esista il male, ma fa in modo che capiscano che le avversità fanno parte della vita di ognuno e che solo con la determinazione e la perseveranza si potranno affrontare e superare.
Grazie ad una regia sempre ottima Spielberg riesce a portarci nel pieno non solo della storia ma nell’animo dei due protagonisti. Seguendoli da vicino con la macchina da presa entriamo nei pensieri di Sofia e del GGG, interpretati in maniera convincente dalla piccola Ruby Barnhill – che riesce a restituire tutta la risolutezza del personaggio che interpreta – e da Mark Rylance che interpreta in maniera egregia un gigante solitario e vittima della sua gente, ma dal grande cuore.
Anche se la computer grafica, presente in maniera massiccia, non riesce a far divenire il GGG e il suo mondo qualcosa di verosimile (ne si nota troppo la finzione), la storia raccontata in Il GGG – Il Grande Gigante Gentile conquisterà ed appassionerà sin da subito, anche grazie ad una buona dose di umorismo mai fuori luogo. Sicuramente più adatto ad un pubblico di giovanissimi, ma potrà piacere anche agli adulti.
Finalmente disponibile nei cinema italiani dal 15 dicembre, Rogue One – A Star Wars Story è ambientato tra Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith e Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza. Il film narra le avventure di un gruppo di ribelli che si riuniscono per rubare i piani di distruzione della Morte Nera, la gigantesca arma costruita dall’Impero, in grado di spazzar via un intero pianeta.
Trovandosi a fare da ponte tra due film, Rogue One è ricco di citazioni ed easter-egg, oltre a numerosi cammei di personaggi iconici. Ve ne illustreremo alcuni, ma fate attenzione: potreste imbattervi in qualche spoiler, nel caso non abbiate ancora visto la pellicola.
- I protagonisti di Rogue One vengono citati nel prologo di Una nuova speranza, dove gli eventi dell’Alleanza Ribelle vengono descritti nei titoli di apertura:
Navi spaziali Ribelli, colpendo da una
base segreta, hanno ottenuto la loro
prima vittoria contro il malvagio
Impero Galattico.
Durante la battaglia, spie Ribelli
sono riuscite a rubare i piani segreti
dell’arma decisiva dell’Impero,
la Morte Nera, una stazione spaziale corazzata
di tale potenza da poter distruggere
un intero pianeta.
- Proprio i titoli di apertura iconici che dal 1977 hanno caratterizzato la saga di Guerre Stellari e rivisti recentemente ne Il Risveglio della Forza, vengono a mancare nel prologo di Rogue One: probabilmente non sono presenti perché conosciamo la storia antecedente la pellicola. Tuttavia ritroviamo la classica opening line “Tanto tempo fa in una galassia lontana, lontana”.
- il Grand Moff Wilhuff Tarkin, apparso per la prima volta in Una nuova speranza e poi rivisto ne La vendetta dei Sith, viene riportato in vita in Rogue One tramite l’astuto uso della CGI. Freddo e arrogante, Tarkin lavora per l’Impero ed è al servizio di Darth Vader.
- Durante una delle tante scene ambientate a Jedha, Jyn Erso si scontra per caso con due furfanti molto odiati dai fan della saga. Sono Ponda Baba e Cornelius Evazan, i due bellimbusti che infastidiscono Luke nella scena della cantina in Una nuova speranza.
- Jedha è una luna con una lunga storia legata alla Forza. È stata la casa della prima popolazione che ha studiato l’energia antica, inoltre è anche ricca di cristalli kyber, utilizzati per fabbricare spade laser.
- “Ho un brutto presentimento”. Breve ma intenso, il cammeo dei due droidi più famosi della Galassia. C3-PO e R2-D2 vengono mostrati per qualche secondo nel momento in cui l’Alleanza Ribelle invia delle truppe in soccorso alla squadra di Jyn.
- Avete notato qualche faccia familiare durante le riunioni dell’Alleanza Ribelle? La prima è quella di Mon Mothma, senatrice del pianeta Chandrila e leader dell’Alleanza Ribelle. Più tardi diverrà il primo cancelliere della Nuova Repubblica. É interpretata da Genevieve O’Reilly, che ha già vestito i panni del personaggio ne La vendetta dei Sith, ma la scena è stata poi eliminata dal montaggio finale. Mothma è apparsa per la prima volta in Il Ritorno dello Jedi, dove era interpretata da Caroline Blakiston. La seconda faccia familiare è quella del Generale Jan Dodonna, che guida l’attacco alla Morte Nera in Una nuova speranza. É interpretato da Ian McElhinney, già visto in Game of Thrones nel ruolo di Barristan Selmy. Infine Bail Organa, interpretato da Jimmy Smiths. Apparso per la prima volta in Attacco dei Cloni, è il padre adottivo della Principessa Leia Organa. Morirà ad Alderaan quando il pianeta verrà distrutto dalla Morte Nera.
- Mon Mothma suggerisce a Bail Organa di contattare un suo amico Jedi. Quel Jedi è ovviamente Obi-Wan Kenobi.
- Il cammeo più famoso, spoilerato dai diversi trailer rilasciati in questi mesi: Anakin Skywalker aka Darth Vader. Appare con il suo look originale, visto precedentemente in Una nuova speranza. La sua armatura sembra più oscura e lucida rispetto a quella dei film successivi; ha persino una placca differente e delle lenti rosse. Il potente Sith cerca di recuperare i piani rubati, senza successo. Negli ultimi minuti finali, quasi si imbatte in….
- Leia Organa. A sorpresa la Principessa fa un ingresso in scena nel finale di Rogue One. Una giovane Carrie Fisher è stata ricreata in CGI, sul corpo di Ingvild Deila. Leia riceve i piani segreti che porteranno alla distruzione della Morte Nera e a bordo della sua astronave, scappa dal malvagio Vader.
- Il castello di Darth Vader si trova a Mustafar, il pianeta in cui Anakin Skywalker ha duellato con il suo vecchio maestro, Obi-Wan Kenobi. Proprio su tale pianeta, Anakin ha quasi rischiato di perdere la vita, per poi essere salvato dall’Imperatore.
- Il film termina proprio dove ha inizio Una nuova speranza: Darth Vader dà la caccia all’astronave di Leia. Nel corso della pellicola non sono ovviamente mancate varie citazioni alla Forza, vista più nel suo elemento spirituale e all’arrivo di una nuova speranza, che capovolgerà le sorti della battaglia, mettendo KO l’Impero. Naturalmente stiamo parlando del giovane Luke Skywalker.
Dopo aver sbancato i botteghini USA nel week end di debutto, il prossimo 22 dicembre arriverà nei cinema italiani Oceania, nuovo classico di casa Disney diretto dal mitico duo formato da Ron Clements e John Musker, noti per diretto classici come La Sirenetta, Aladdin, Hercules.
In attesa di poter vedere l’avventura che vede protagonisti l’adolescente Vaiana e il semidio Maui scopriamo alcune curiosità legate alla pellicola ambientata 3000 anni fa in Polinesia.
Il titolo originale
Come già è stato scritto da un anno a questa parte, nel nostro mercato cinematografico la nuova pellicola Disney verrà lanciata con il titolo di Oceania, mentre il titolo originale è Moana, che in lingua maori significa proprio “oceano”. Ora, è del tutto verosimile che Disney Italia abbia preso questa decisione per evitare inopportuni paragoni con la celebre pornodiva italiana (Moana Pozzi), tuttavia tale decisione è stata presa anche in Francia e in Spagna.
In questi due paesi infatti Moana è un marchio già registrato e dunque in Spagna uscirà con il titolo Vaiana mentre in Francia si chiamerà Le Princesse du Bout du Monde (La principessa in fondo al mondo). In ogni caso sia in Francia che in Italia e in Spagna la protagonista (Moana, appunto) si chiamerà Vaiana, che in lingua tahiti significa “acqua che esce dalla grotta”.
Maui il semidio
Uno dei protagonisti del film è Maui, un semidio che Vaiana incontra durante il suo viaggio e che la accompagnerà nella sua avventura. Ebbene, questo personaggio è ispirato ad un vero semidio polinesiano: fa parte dei Kupua, una specie di pantheon. Figlio di Akalana e di Hina, una delle leggende legate al suo mito è piuttosto curiosa: si narra che mentre il semidio era a pesca, si attaccò al suo amo qualcosa che sembrava una grossissima preda. Non riuscendo a tirarla fuori si fece aiutare dai fratelli ed emersero le intere isole Hawaii, le quali quindi secondo questa leggenda sono state create proprio da Maui.
CGI
Oceania sarà diretto da una coppia rodatissima come John Musker e Ron Clements, che certo non necessitano di presentazione. Dopo una vita passata a dirigere film creati usando solamente l’animazione a mano – fino al 2009 con La principessa e il ranocchio – per il loro nuovo film hanno deciso di utilizzare per la prima volta la CGI (Computer Generated Imagery).
Un’ulteriore elemento di novità è che la vicenda ruoterà esclusivamente sull’avventura personale di Vaiana e non sarà presente alcuna storia d’amore.
I doppiatori
Menzione speciale meritano le celebrità che hanno donato la voce ai protagonisti nella versione statunitense: Maui è stato doppiato nientemeno che da Dwayne “The Rock” Johnson, ex wrestler ora attore di fama internazionale. La scelta è caduta su di lui anche per enormi affinità con la trama e con il personaggio, essendo lui di origine samoane. Ha dichiarato infatti che nelle parti in cui esegue la tradizionale Haka (la danza maori) si sente molto trasportato.
Ma Johnson è in buona compagnia: la mamma di Vaiana, Sina, è stata infatti doppiata dalla bellissima Nicole Scherzinger, ex componente delle Pussycat Dolls. Anche lei ha origini affini al film, Hawaiane, e sembra che abbia fatto enormi pressioni per entrare a far parte del cast dei doppiatori. In caso contrario, secondo la star, non avrebbe onorato la sua terra madre e la sua famiglia che vive lì.
La protagonista invece sarà doppiata dalla giovane hawaiana Auli’i Cravalho, che ha sorpreso tutti con la sua bellissima voce e simpatia. È stata scelta dopo un lungo provino, al quale inizialmente non voleva neanche prendere parte perché «c’erano già molte grandi proposte su YouTube». È stato solo grazie all’incoraggiamento di un agente di spettacolo di Oahu che ha infine deciso di partecipare. Ultima ragazza a sostenere il provino, è stata immediatamente scelta della Disney.
Anche la versione italiana ha interpreti di pregio: i due protagonisti saranno doppiati da Emanuela Ionica e Fabrizio Vidale (noto per essere il doppiatore ufficiale di Jack Black), mentre le parti cantate di Vaiana saranno interpretate da Chiara Grispo.
Per quanto riguarda gli altri personaggi la nonna di Vaiana è stata doppiata da Angela Finocchiaro, bravissima attrice di tante commedie e film di successo italiani; il gigantesco granchio Tamatoa è stato doppiato invece da Raphael Gualazzi, cantautore che quest’estate si è contraddistinto con il tormentone L’estate di John Wayne. Altre guest star saranno Sergio Sylvestre e Rocco Hunt, interpreti della canzone dei titoli di coda (Prego nella versione italiana).
Ricerca sul campo
Per poter dare vita al meglio alla storia di Oceania i due registi e la produttrice Osnat Shurer si sono recati più volte nelle isole della Polinesia in cui il film è ambientato. Tale lavoro di ricerca è stato fatto per conoscere al meglio la cultura delle isole del Pacifico, la loro mitologia e la loro storia. Tramite questi viaggi Clements e Musker sono venuti a conoscenza non solo delle leggende del semidio Maui, ma anche del passato di grandi navigatori dei popoli polinesiani e del loro grande legame con l’Oceano, che per loro è qualcosa di vivo. «Tutto ciò è stato fonte di ispirazione».
Gli Easter Egg
In molti film della Disney compaiono delle citazioni ad altri film della stessa casa di produzione, i cosiddetti Easter Egg. E Oceania non sarà da meno. Olaf e il suo naso compaiono mentre Vaiana fa il fagotto per partire per il suo viaggio; Flounder, il grande amico di Ariel, compare a sorpresa in qualche fotogramma, secondo quanto dichiarato dai registi; tra uno schieramento di pirati uno di loro ha al posto della maschera degli altri la faccia di Baymax, il robot infermiere di Big Hero 6. Ce ne sono almeno altri due non ancora rivelati, sarete in grado di scovarli tutti?
Le musiche
Alle musiche hanno lavorato Lin-Manuel Miranda, Opetaia Foa’i e Mark Mancina. Il primo è un eclettico artista che è evidentemente piaciuto ai vertici Disney, infatti ha partecipato come compositore speciale in Star Wars – Il risveglio della forza; non solo, ma è anche autore di un acclamato musical di Broadway, Hamilton, sulla vita di uno dei padri fondatori degli Stati Uniti ovvero Alexander Hamilton. Opetaia Foa’i invece è un musicista polinesiano leader della band Te Vaka, composta da musicisti e danzatori provenienti tutti da quell’area del Pacifico. Infine, Mancina è noto per aver lavorato alla colonna sonora de Il re leone.
A cura di Mario Macchioni di Wild Italy