Articolo a cura di Gaia Barillà
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W.I.T.C.H.: cinque lettere che bastano per riportare alla memoria di molte (e di molti) ricordi indelebili, che attraversano quasi undici anni di storie. Oggi, però, di anni ne sono trascorsi venti: è il 3 aprile 2001, infatti, quando nelle edicole italiane fa la sua comparsa Halloween, primo glorioso numero di una serie il cui successo ha stupito fin da subito i suoi stessi creatori. Era già da qualche tempo che Elisabetta Gnone, assieme a un team creativo che comprendeva Alessandro Barbucci come character designer e Barbara Canepa come colorista, stava lavorando per conto di Disney Italia alla storia di cinque streghette in lotta contro il male. L’idea era quella di riprendere il formato di PKNA – Paperinik New Adventures, ma adattando la storia a un pubblico prettamente femminile e preadolescenziale.
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La storyline originale, in effetti, pare fosse piuttosto diversa. Pensata per concludersi dopo 12 numeri (in seguito ridotti a 9), l’avventura delle protagoniste avrebbe dovuto prevedere anche la presenza di Paperina, in modo da affiancare ai nuovi personaggi quelli che già popolavano le pagine dei fumetti Disney. Nella versione finale, invece della storica fidanzata di Paperino non c’è neanche l’ombra. Quanto alla durata della saga, finì per oltrepassare ampiamente i 12 numeri previsti in origine: l’ultimo albo fu il numero 139, del febbraio 2012. Un successo dirompente quanto inaspettato, quindi, perché anche negli scenari più rosei sarebbe stato difficile prevedere le oltre 20 milioni di copie vendute in più di 50 Paesi nel mondo. W.I.T.C.H. fu, in sostanza, un vero e proprio caso editoriale e crossmediale, che non mancò di ispirare una ventina di numeri speciali, due testate correlate (W.I.T.C.H. World e WElcome), innumerevoli gadget, una serie animata, un videogioco, diversi manuali, una serie di romanzi e persino un manga.
A cosa si deve tutto questo successo?
I presupposti erano già intuibili in quel mitico primo numero, composto da sessanta tavole scritte da Elisabetta Gnone e Francesco Artibani, illustrate da Alessandro Barbucci, inchiostrate da Donald Soffritti e colorate da Barbara Canepa. In questo episodio vengono introdotti i personaggi di Will, Irma, Taranee, Cornelia e Hay Lin: cinque ragazzine tredicenni che scoprono – grazie alla nonna di una di loro – di avere dei poteri legati ai quattro elementi naturali (aria, acqua, terra e fuoco) e all’energia che li lega (racchiusa all’interno di un monile chiamato cuore di Kandrakar).
Ognuna, come si può facilmente immaginare, ha una propria personalità e interessi diversi, e già questo favorisce l’immedesimazione: chiunque ha letto e amato W.I.T.C.H. ha potuto identificarsi con almeno una delle protagoniste, sia dal punto di vista caratteriale che fisico. Un dettaglio che potrebbe apparire insignificante oggi (in cui è praticamente diventata la norma), ma che all’epoca era piuttosto degno di nota, è proprio che le ragazze appartengono a diverse etnie e non tutte aderiscono ai canoni di bellezza tradizionali. Miopia, apparecchio ai denti, le forme accentuate o, al contrario, una evidente magrezza sono tutti elementi in grado di far empatizzare le giovani lettrici, che tendenzialmente stanno vivendo le trasformazioni dell’adolescenza. Una metafora evidente, che si concretizza nello sguardo incuriosito e al contempo spaventato che accompagna Will quando si guarda allo specchio e si vede più grande.
Del resto, a quell’età ogni situazione sembra una sfida insormontabile, anche se si è le predestinate di una missione millenaria volta a proteggere la Terra e i mondi circostanti. Anzi, specialmente in questo caso. Mentre portano avanti le missioni che vengono loro affidate, infatti, le cinque devono continuare a fare i conti con compiti in classe, amori più o meno corrisposti e famiglie disfunzionali. Quello che colpisce, specie riguardo a quest’ultimo punto, è proprio il realismo delle situazioni che vengono descritte. Tra le Guardiane di Kandrakar, infatti, c’è chi scopre di essere stata adottata, chi ha un rapporto conflittuale con la matrigna e persino chi si illude vedendo il proprio padre divorziato che torna a interessarsi a lei per poi scoprire di essere oggetto di un ricatto. Scene di vita vissuta per molti o, in ogni caso, estremamente verosimili.
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Nonostante la giovane età dei lettori, infatti, neanche l’argomento più ostico viene edulcorato e tra le pagine si possono incontrare tematiche come l’elaborazione del lutto, l’amore interrazziale (dove per “razza” si intende anche quella aliena), il rapporto con l’identità (propria e altrui), la ricerca di libertà, il senso di giustizia e l’ambiguità del Bene e del Male . Il tutto trattato con una maturità e una sensibilità in grado di commuovere anche un pubblico più adulto, e introdotto, ogni mese, dalle parole della direttrice Valentina De Poli, i cui editoriali davano l’illusione a chi stesse leggendo di crescere assieme alle proprie eroine.
È così anche oggi, dopo vent’anni. Siamo certi che chi vorrà celebrare il 20° anniversario di W.I.T.C.H. rileggendo le storie si riconoscerà nelle emozioni che esse sono ancora in grado di suscitare. Poi – perché no? – sarebbe bellissimo assistere a un passaggio di testimone e vedere figli, sorelline, cuginette e amici con la testa immersa tra le pagine, magari dopo aver approfittato della recente ristampa delle prime storie. Perché una magia così potente non si può mai davvero spegnere.