Con la release del film qualche giorno fa su Disney+ si sono riaccese le proteste attorno al live action di Mulan ed è ripartita sui social la campagna BoycottMulan, portata avanti principalmente dagli attivisti pro democrazia di Hong Kong. Ma non solo, perché negli ultimi giorni si sono uniti al boicottaggio anche gli attivisti della Thailandia e di Taiwan, unitisi alle proteste di Hong Kong con il movimento #MilkTeaAlliance, che racchiude popolazioni e Paesi preoccupati dalla forte influenza autocratica del regime Cinese.
Ma come è iniziato il movimento BoycottMulan? L’origine è da ricercare nelle affermazioni dell’attrice protagonista Yifei Liu, che nell’agosto 2019 – nel picco delle proteste – ha pubblicato sul social Weibo un messaggio di sostegno alla polizia cinese. “Io sostengo la polizia di Hong Kong”, ha scritto l’attrice, “Potete anche attaccarmi adesso. Che vergogna per Hong Kong”. Le hanno fatto eco altri membri del cast tra cui Donnie Yen (il comandante Tung), che ha celebrato in un commento su Facebook il 23° anniversario del ritorno di Hong Kong alla Cina.
Da allora l’invito a boicottare il remake Disney è rimasto sempre attivo, ma la campagna si è acuita in particolare negli ultimi giorni (il live action arriverà al cinema in Cina l’11 settembre) e dopo l’arresto della giovane attivista Agnes Chow, da molti definita “la vera Mulan”, imprigionata (e poi rilasciata su cauzione) per “presunti crimini legati alla sicurezza nazionale” e per “cospirazione con forze straniere”.
Say no to police brutality.#BoycottMulan #Mulan https://t.co/I6qKgsKjgM
— Joshua Wong 黃之鋒 😷 (@joshuawongcf) September 6, 2020
“Perché dovremmo aderire al movimento BoycottMulan? Per via dell’ipocrisia. Nei film di Hollywood, dichiarano di essere dalla parte della giustizia sociale, ma in realtà chinano il capo vergognosamente davanti al regime cinese. Si sono coperti di ridicolo parlando di valori in cui nemmeno credono. Questi film dovrebbero essere di più che un modo per fare soldi”. (Nathan Law, attivista pro-democrazia di Hong Kong)
— Nathan Law 羅冠聰 😷 (@nathanlawkc) September 7, 2020
“BoycottMulan, se sostieni i diritti umani universali, se odi la violenza della polizia, se credi che gli artisti, gli attori, le attrici e le aziende abbiano delle responsabilità davanti alla società, se rispetti gli Asiatici e rifiuti di vederci come token e come un mercato da cui estrarre solamente soldi”.
#BoycottMulan
if u support universal human rights,
if u hate police brutality,
If u believe artists, actors/actresses and companies shall carry social responsibilities,
if u respect Asians and refuse seeing us as money mining market and tokens.Boycott #Mulan pic.twitter.com/lUE3pCM7WN
— 巴丢草 Badiucao (@badiucao) September 5, 2020
Ma non è tutto, perché nelle ultime ore si sono diffuse nuove critiche nate dai titoli di coda del film. Alcuni partecipanti alla campagna BoycottMulan hanno infatti osservato un disclaimer di ringraziamento a quattro dipartimenti di propaganda della regione dello Xinjiang nonché all’ufficio della pubblica sicurezza. La produzione infatti ha svolto parte delle riprese proprio in questa zona, tristemente nota per essere il sito del genocidio della popolazione Uigura, la minoranza musulmana che tuttora lotta per la sopravvivenza in veri e propri campi di detenzione ordinati dal Partito Comunista Cinese. Si stima che circa un milione di Uiguri siano rinchiusi nei campi e che sia in corso un genocidio demografico con sterilizzazione forzata delle donne.
“Mulan ringrazia apertamente il dipartimento della regione autonoma uigura dello Xinjiang nei titoli di coda. Insomma, il luogo dove sta avvenendo un genocidio culturale. Gran parte delle riprese si sono svolte nello Xinjiang, che i sottotitoli chiamano “il nord-est della Cina”.
Mulan specifically thank the publicity department of CPC Xinjiang uyghur autonomous region committee in the credits.
You know, the place where the cultural genocide is happening.
They filmed extensively in Xinjiang, which the subtitles call “Northwest China”#BoycottMulan pic.twitter.com/mba3oMYDvV
— Jeannette Ng 吳志麗 (@jeannette_ng) September 7, 2020
“C’era bisogno che Disney lavorasse nello Xinjiang? No. Ci sono moltissime altre aree della Cina e molti altri paesi del mondo che offrono lo stesso scenario montuoso presente nel film. Nel fare questa scelta, Disney ha aiutato a normalizzare un crimine contro l’umanità”.
Why did Disney need to work in Xinjiang? It didn’t. There are plenty of other regions in China, and countries around the world, that offer the starkly beautiful mountain scenery present in the film. But in doing so, Disney helps normalize a crime against humanity.
— Isaac Stone Fish (@isaacstonefish) September 7, 2020
“Sempre peggio! Adesso, quando guardate Mulan, non solo state voltando la faccia davanti alla violenza della polizia e all’ingiustizia sociale (a causa di ciò che sostengono gli attori), ma siete anche potenzialmente complici dell’incarcerazione di massa degli Uiguri musulmani”.
It just keeps getting worse! Now, when you watch #Mulan, not only are you turning a blind eye to police brutality and racial injustice (due to what the lead actors stand for), you’re also potentially complicit in the mass incarceration of Muslim Uyghurs. #BoycottMulan https://t.co/dAMgZ6PWTD
— Joshua Wong 黃之鋒 😷 (@joshuawongcf) September 7, 2020