Tempi duri in casa Disney, che come tutte le aziende si sta trovando in una enorme crisi economica a causa dell’emergenza sanitaria. I due settori principali di guadagno per l’azienda, infatti, prevedono entrambi gli assembramenti di persone e sono al momento vietati: si tratta, ovviamente, del cinema e dei parchi Disney, chiusi fino a data da destinarsi. Secondo le stime, la chiusura di Disneyland e Walt Disney World in America porterebbe a una perdita di 30 milioni al giorno; e questo senza contare la chiusura dei due parchi cinesi, di Tokyo e di Parigi.
Sicuramente un raggio di sole è rappresentato da Disney+, che ha recentemente raggiunto l’importante cifra di 50 milioni di abbonati in tutto il mondo; ma è anche vero che il servizio di streaming era partito con un investimento importante in debito e che non potrà da solo reggere tutta la Company.
La situazione è talmente drammatica che si è ritenuto necessario un ritorno di Bob Iger: il dirigente, che aveva dato le dimissioni qualche settimana fa lasciando le redini dell’azienda a Bob Chapek, ha ripreso temporaneamente il suo ruolo di CEO. Questo in quanto Chapek, ancora all’inizio del suo mandato, non poteva essere in grado di reggere sulle sue sole spalle una situazione di crisi mai vista prima d’ora; ci voleva la guida rassicurante di un veterano.
Secondo The New York Times, “Mr. Iger si concentrerà sul ricostruire un’azienda che riemergerà dalla crisi, dice, profondamente cambiata. Il quadro che ha presentato agli associati offre uno sguardo al futuro della Disney post-pandemia: una Disney con meno dipendenti, che dovrà capire come radunare le persone in sicurezza per l’intrattenimento, un compito nuovo e incerto”.
Nel frattempo, più di 30.000 lavoratori nel parco californiano e 40.000 in quello della Florida entreranno in congedo non retribuito a partire dal 19 aprile. Disney ha raggiunto un accordo con i sindacati che prevede, secondo la legge americana, l’assenza di retribuzione per un periodo indeterminato, ma la possibilità di mantenere altri benefici come quelli legati all’assicurazione sanitaria, agli aiuti economici per l’istruzione e la scuola e ad altre forme di assistenza.
Nonostante questa pratica sia molto comune in America, in Florida sono già iniziate le prime proteste. Per rispettare la quarantena, i dipendenti Disney stanno realizzando dei cartelloni da appendere ai balconi o alle finestre, oppure dei disegni con il gesso nei loro cortili o marciapiedi. La protesta ruota attorno al fatto che la sospensione dello stipendio è effettivamente a tempo indeterminato: non sapendo quando potranno riaprire i parchi, è impossibile anche dare una prospettiva futura a questi lavoratori. “Il sistema è viziato”, ha dichiarato Jeremy Haicken, presidente di Unite Here Local 737, uno dei sindacati che rappresentano i lavoratori di Disney World. “Non ci fermeremo fino a quando il governatore DeSantis non sistemerà le leggi legate alla disoccupazione”.
Foto: Disney Parks Blog