Storie senza tempo che possano piacere agli spettatori di ogni età e che soprattutto siano rispettose dell’eredità lasciata da Walt Disney. Sono queste le regole d’oro a cui deve rispondere il perfetto film Disney secondo Byron Howard, uno dei più talentuosi registi della scuderia attuale dei WDAS e uno degli autori che più hanno contribuito a riportare sulla cresta dell’onda lo studio dopo un periodo di difficoltà. E pensare che a Torino, in occasione del festival dell’animazione e degli effetti speciali View Conference, Howard ha raccontato divertito che da piccolo non sognava nemmeno di lavorare nel mondo dell’arte ma voleva fare lo scienziato perché adorava le lezioni del suo professore di fisica. È stato un altro insegnante, quello di cinema, a fargli cambiare idea, grazie a VHS piratate dalla pessima qualità con cui fece appassionare il giovane Byron ai grandi capolavori come Quarto Potere, Metropolis e Shining.
L’amore per la Disney è arrivato invece molto più tardi. Da studente, Howard preferiva di gran lunga i cartoon della Warner Bros (“decisamente più divertenti”) e i lavori di fumettisti come Schulz e Bill Watterson, che hanno fortemente influenzato il suo stile. Si è infine convertito vedendo al cinema Chi ha incastrato Roger Rabbit e soprattutto La Sirenetta. “Quel film per me è stato decisivo”, ha raccontato. “Sono uscito dalla sala certo di voler lavorare per Disney”. Ma non è stato facile: oltre alle numerose porte in faccia ricevute, la sua situazione economica non gli permetteva di pagarsi un corso di animazione in una delle scuole americane di alto livello. Per molto tempo si è accontentato dunque di lavorare a Disneyland come presentatore nell’attrazione The art of Disney Animation, in cui tutti i giorni un artista Disney disegna dal vivo. Non potendo entrare nelle scuole, quella era per lui l’unica occasione di osservare da vicino un animatore all’opera.
Quando finalmente la fortuna è arrivata però, Byron ha potuto imparare dai migliori sulla piazza come il leggendario Glen Keane, creatore di Ariel, la Bestia, Pocahontas e molti altri iconici personaggi animati. A sua volta Glen aveva studiato da Frank Thomas e Ollie Johnston, due dei Nine Old Men ovvero i fedelissimi animatori di Walt Disney, tornando indietro fino agli anni ’30 in una sorta di passaggio di testimone di cui Byron Howard è ancora oggi molto fiero. Da lì la strada è stata tutta in discesa: dopo i primi lavori in Pocahontas e Lilo e Stitch, Howard ha debuttato come regista in Bolt – Un eroe a quattro zampe, per poi dirigere Rapunzel – L’intreccio della torre nel 2010 e il più recente Zootropolis.
Nel corso del suo talk a View Conference 2016 l’artista ha illustrato nel dettaglio proprio i cinque anni di lavoro che hanno portato alla nascita del suo ultimo successo, a cominciare dalle prime ricerche che lo hanno condotto in Kenya insieme al suo team di disegnatori fino alle difficoltà incontrate con software e animazione di un film che ha rivoluzionato il tradizionale genere Disney degli animali antropomorfi. Ad esempio, laddove molti avrebbero uniformato l’altezza delle varie specie di animali per rendere l’animazione più semplice, Howard e compagni hanno scelto di mantenere le proporzioni per creare un mondo più plausibile. Questo ovviamente ha comportato però anche diverse difficoltà: come si inseriscono nella stessa scena una coniglietta e un’altissima giraffa?, come si progetta una città che possa rispondere alle esigenze di tutte le specie e di tutte le dimensioni di animali?
Ci sono voluti ben 18 mesi per studiare il comportamento degli animali e trovare un modo per proiettare le loro caratteristiche distintive nel rispettivo personaggio umanizzato. 18 mesi in cui gli animatori e i tecnici di Disney hanno dato sfoggio di tutta la loro creatività per esempio creando il software Keep Alive che permette di simulare il vento tra le foglie degli alberi oppure tra il pelo degli animali anche quando la scena è statica, in modo da rendere il mondo di Zootropolis più coerente e realistico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è uno dei titoli più forti in gara per l’Academy Award di quest’anno al Miglior film d’animazione. E a giudicare dai consensi ottenuti e dai numeri del box office non ci vorrà molto perché la Disney decida di ritornare a Zootropolis per nuove avventure.
Qui sotto trovate infine alcune domande dalla nostra chiacchierata con Byron Howard:
Puoi parlarci di come è nato il tema politico trattato da Zootropolis?
Quando ho proposto a John Lasseter e agli altri direttori della Disney il film cinque o sei anni fa, il tema politico non era così presente. Si trattava più che altro di una storia su due gruppi in contrasto, ovvero i predatori e le prede. L’idea ci venne in Africa, quando durante un safari osservammo che nelle oasi leoni e gazzelle bevono gli uni accanto alle altre senza attaccarsi come se tra loro ci fosse un tacito patto. Quel patto è diventato la base su cui si fonda la città di Zootropolis. Ovviamente in cinque anni però il mondo è cambiato e, siccome l’arte imita la vita reale, abbiamo pensato fosse necessario trasmettere un messaggio positivo e far riflettere anche i bambini e le famiglie sul tema della discriminazione, così centrale nel dibattito politico di oggi.
Ultimamente i film Disney tendono ad avere due protagonisti e non più la coppia protagonista più spalla comica. Possiamo notarlo in Zootropolis, ma anche in Rapunzel o in Oceania. Si tratta di una costante che Disney manterrà nei suoi prossimi film?
Di recente nei nostri film ci stiamo concentrando sulla creazione e la celebrazione di personaggi femminili forti, perché li osserviamo tutti i giorni nella realtà ed è giusto che ne vengano proposti dei modelli anche al cinema. Quindi credo sia questa la nostra nuova costante.
È vero che la prima versione di Zootropolis doveva essere un musical?
Ne abbiamo parlato per un po’ di tempo, volevamo fare una sorta di “zoo-musical” ma poi la cosa non è andata in porto. Il bello di un film come questo però è che è ambientato in un mondo talmente vasto che in futuro potresti farci qualsiasi cosa, anche una versione musical. In effetti mi piacerebbe molto vederla. Anche mentre disegnavo e creavo i personaggi tendevo ad associarli a generi musicali, per esempio per Nick avevo pensato ai generi jazz e swing.
Di recente è stata annunciata una serie tv di Rapunzel. Cosa ne pensi dello stile in 2D della serie? Secondo te Zootropolis sarebbe una buona base per una serie tv?
Mi piace molto lo stile di disegno che è stato scelto per la serie tv di Rapunzel. Non avendo lo stesso budget che abbiamo noi, uno show televisivo deve trovare dei compromessi e penso che lo stile grafico che hanno trovato sia veramente efficace per quei personaggi. Per quanto riguarda Zootropolis, sarebbe decisamente un’ottima base per una serie tv! È un mondo vastissimo tutto da esplorare e non penso che si possa esaurire solo con una saga di film. Una serie tv sarebbe fantastica.
Stai già lavorando al tuo prossimo progetto?
Ancora è troppo presto per parlarne, ma sono nei primissimi stadi dello sviluppo di una nuova idea che vorrei realizzare con Jared Bush, sceneggiatore di Zootropolis. Non siamo ancora molto sicuri sul tema, ma credo che questa volta sarà un musical.