Per recensire l’ultimo capolavoro di Casty servivano due ospiti speciali.
La prefazione dell’articolo è curata dallo Youtuber KforKaos (QUI il suo canale, QUI Twitter), mentre il corpo della recensione è di Simone Tribuzio del blog Ju Caffè (QUI Twitter), già collaboratore di Tunué e Fumettologica.
I nomi non vi hanno ancora convinto? Aspettate di leggere cosa hanno da dire su Topolino e l’Impero Sottozero…
Rimango sempre stupito di fronte a Casty, alla sua bravura, alla sua capacità di intrecciare storie sempre nuove, sempre originali e innovative, ma sempre così classiche. Così Disney.
Con “Topolino e l’impero sottozero” il Castellan non si smentisce, firmando il suo ultimo kolossal su carta – che va a comporre la seconda parte della sua ideale “trilogia di Atomino”, di cui “Topolino e gli ombronauti” aveva rappresentato il primo capitolo.
Una storia incredibile da tutti i punti di vista: scrivere il personaggio di Atomino non è per nulla facile, essendo l’atomo ingrandito un deus-ex-machina vivente (motivo, questo, che spinse il suo stesso creatore Romano Scarpa al suo “ritorno forzato” nella Dimensione Delta), ma Casty qui, ancora meglio che negli Ombronauti, lo sfrutta alla perfezione evitando di causare fastidiosi buchi narrativi; inoltre la vicenda è molto appassionante, scritta in modo da tenere sempre il lettore sulle spine, nonostante ci sia spazio sia per grandi emozioni nel finale sia per sapienti battute nel corso della storia. Dal punto di vista dei disegni, si tratta probabilmente della vetta più alta raggiunta dall’autore nella sua carriera. Spettacolari e di grande impatto.
Che dire, poi, del recupero funzionale e assolutamente non fine a se stesso di Nataniele Ragnatele, grande caratterista scarpiano da “Topolino e Bip-Bip alle sorgenti mongole” e dell’intreccio pazzesco tra fatti storici e leggende, realtà e mito, attualità e fiaba?
Casty ha firmato il suo ennesimo capolavoro, ponendo un altro tassello nella sua grande opera di proseguimento della tradizione delle grandi avventure di Topolino iniziate con Gottfredson, continuate con Scarpa e riprese dal talentuoso autore goriziano.
Grazie, Casty, e cento di queste storie!
Le prime cinque tavole pubblicate sul numero 3091 di Topolino avevano trasmesso per bene il mood di quella che sarebbe stata la storia – probabilmente – più forte per narrazione e – molto probabilmente – graficamente eccelsa dell’autore Andrea Castellan, meglio conosciuto come Casty.
Se nell’introduzione ci si stava avvicinando alla tormenta di neve, nella prima parte (Topolino 3092) si viene subito avvolti da un gelido manto di mistero, che presto avrà tutte le risposte.
La storia inizia con un giro turistico di Topolino, accompagnato dall’antiquario Nataniele Ragnatele (personaggio ottimamente ripescato dal mucchio di Romano Scarpa) e dall’altro personaggio scarpiano Atomino Bip-Bip (coinvolto da Casty per la prima volta nel suo kolossal Topolino e gli Ombronauti). I Nostri stanno ammirando una pattinatrice di nome Helis che, leggiadra, si esibisce tra la gente su una pista ghiacciata. Non per niente è famosa come “la farfalla delle nevi.” Con questa, i tre protagonisti hanno sin da subito un forte legame d’amicizia. Presto faranno la conoscenza anche dello zio della giovane pattrinatrice sovietica, Ulian.
La sera stessa Helis si esibirà al Palazzo di Ghiaccio in una delle sue gare di pattinaggio. Ma quando meno se lo aspettano i nostri, ecco che arrivano i guai! Degli algidi (in senso figurato e non solo) sconosciuti sequestrano la giovane per un motivo sconosciuto quanto arcano. Difatti l’antefatto risale alla glaciazione realmente avvenuta nel 1709, tanto forte da rendere la stessa laguna di Venezia tutta ghiacciata, per esempio! Il termometro scese fino ai – 35° in gran parte del continente europeo. Ma dietro tutto questo comandano i Cinque Ministri di Zerograd, capitale della “fredda” Gelonia: uno stato che sta appunto muovendo una grossa minaccia a livello mondiale. Solamente i Cinque Ministri muovono i fili di tutto? No, in realtà c’è lo zampino del sinistro Conte Dragpo; il suo piano è quello di aprire i cancelli della città perduta degli Iperborei, Agarthi! La figura del Conte nasconde tantissimi interrogativi che inquietano non poco il lettore, come inquietano le sue “dimissioni” di ogni ministro. Perché riaprire le porte di Agarthi? A quale pro tutto questo?
In un kolossal diviso in tre parti (senza contare l’intro composto da cinque tavole), Casty si porta a casa la storia più emozionante della sua intera produzione!
In termini grafici senz’altro è la più minuziosa, se si va a vedere solamente la terza ed ultima parte: l’ingresso ad Agarthi coglie di sorpresa il lettore e lo fa immergere completamente tra i ghiacciai.
Casty da qualche anno aveva in cantiere questa storia dai toni ancor più ambiziosi, ha attinto a piene mani dal mito di Agarthi e dalla storica, e già citata glaciazione avvenuta nel 1709; questi due elementi li ha poi uniti con un suo immaginario tutto da scoprire.
Parlando successivamente della narrazione, è pregna di battute centellinate nel corso delle tre puntate, trattasi di un humor genuino e sempre consono all’ambientazione (basti pensare al “clima” della storia); parte come una classica storia d’avventura vicino a Scarpa, proseguendo con dei toni drammatici. Successivamente, tra la seconda e la terza parte, il registro narrativo subisce una forte accelerata per assumere un climax ancor più drammatico (le battute di Helis a fine seconda puntata e a inizio terza, oppure la minaccia messa in atto dal Conte Dragpo). Arrivando alla fine, come una commovente storia dai toni fiabeschi, e con alcuni messaggi da cui trarre tantissimo insegnamento.
I personaggi si presentano tutti sfaccettati nei minimi dettagli: il Conte Dragpo (vedrete poi quale background presenta) e la ministra Aljoska spiccano per primi.
Questo Topolino e l’Impero Sottozero gioca con i soliti stilemi grafici di Romano Scarpa, fonde diversi generi letterari per raccontare non solo un evento climatico rimasto negli annali, ma avvince il lettore portandolo nel suo finale che “scalda” finalmente il cuore.
L’ho già detto che questa è la mia storia preferita dell’autore goriziano, vero?