Analisi dell’adattamento italiano de Le Follie dell’Imperatore.
A cura di Blagoja Belchevski
L’arte dell’adattamento in Italia ha origini antiche. Alla fine degli anni Venti, infatti, nacque negli Stati Uniti il cinema sonoro, un’invenzione che mise in crisi le sale europee, non adeguatamente attrezzate per proiettare pellicole audio munite. La soluzione presto adottata dal Bel Paese fu semplice: trattarle alla stregua dei film muti, inserendoci le famose “dialogue card” (le didascalie su schermo nero); per molti versi i precursori del sottotitolaggio che conosciamo oggi. Con l’avvento del doppiaggio negli anni Trenta, ci si trovò di fronte ad un dilemma ben più complesso. Da un lato, premeva la duplice questione dell’accuratezza di traduzione e la coincidenza del labiale; dall’altro, il clima di censura del Fascismo che mirava all’autosufficienza economico-culturale e quindi non vedeva i prodotti stranieri di buon occhio.
La strada percorsa dall’adattamento da allora è assai lunga e tormentata. Si parla di adattamento perché il processo di traduzione accurata è un concetto relativamente nuovo in Italia: nel clima del Novecento italiano, ci giunge naturale parlare di un vero e proprio adattamento che rispecchiasse, nel corso degli anni, la situazione politica e culturale del Paese. Tralasciando l’aspetto politico, questo approfondimento vuole focalizzarsi sul lato culturale di questo processo che, in ambito disneyano, giunge al suo culmine e la sua realizzazione all’inizio del nuovo millennio con una pellicola assai particolare: Le Follie dell’Imperatore.
Per molti versi, l’adattamento de Le Follie dell’Imperatore sfonda una porta aperta. Adattare (non c’è parola più adeguata) i giochi di parole delle lingue germaniche in italiano è una sfida che il Bel Paese ha dimostrato di saper gestire assai egregiamente. Ne sono la prova memorabili adattamenti storici sia disneyani (ricordiamo Alice nel paese delle meraviglie ad opera del sommo De Leonardis) sia non (Frankenstein Junior – se, seda, seda, sedano!). Tuttavia, Le Follie dell’Imperatore si spinge oltre e pone un caso senza precedenti. Si può infatti parlare di una completa e totale rivoluzione, al punto di creare un film a sé stante, completamente diverso dal suo originale.
Il sottoscritto è ben cosciente di un processo analogo perpetrato negli anni ’70-’80 nei confonti degli anime di provenienza nipponica. Ci tiene tuttavia a sottolineare che si tratta di un caso più complesso e più drastico, dove prodotti originariamente pensati per un pubblico adulto venivano censurati e adattati per un target infantile, e quindi non equiparabile a quello preso in esame. Le Follie dell’Imperatore, difatti, non subisce alcun processo di censura. La fortunata compagnia di Walt Disney ha da sempre prodotto pellicole adeguate alla mentalità occidentale aventi come target principale la più tenera fascia d’età, sebbene ugualmente accattivanti per un pubblico più maturo. Ma andiamo al punto e cerchiamo di spiegare passo dopo passo questa rivoluzione.
Il primo, significante cambiamento attuato in The Emperor’s New Groove (testualmente Il nuovo ritmo dell’Imperatore) sta nel titolo. Come si può notare, infatti, il titolo originale pone l’accento sul famoso ritmo dell’imperatore Kuzco. Alla fine della storia, Kuzco cambia, e con lui la sua sigla, il suo ritmo, il suo modo di essere e vivere la vita. Il titolo italiano decide di eliminare quest’accento cosi cruciale, cambiando drasticamente la percezione del pubblico italiano nei confronti della storia.
Tuttavia questo radicale cambiamento del titolo, una prassi assai comune in Italia, non è sufficiente a giustificare l’affermazione del sottoscritto. Ciò che rende invece Le Follie dell’Imperatore un film tutto all’italiana è una semplice quanto importante concessione presa degli adattatori. Di fronte alla difficoltà di rendere una parte sostanziale delle gag inglesi in italiano, questi hanno preferito fornirne una traduzione letteraria, spogliandole del loro valore comico, e creare invece dei momenti comici esclusivamente italiani laddove mancano in lingua originale. Sebbene questa decisione non influisca sulla storia in modo macroscopico, apporta tuttavia dei cambiamenti sul tempo dell’azione, alterando in modo significativo la caratterizzazione dei personaggi.
Pur perdendo alcuni momenti di ironia ben costruita, l’adattamento italiano ne guadagna altri, molto specifici e prettamente legati alla cultura italiana. Si va così a perdere il chiaro riferimento al travestimento vistoso e malriuscito di Kuzco attraverso la battuta della cameriera anziana che risponde “Bless you for coming out in public!” (testualmente “Beati voi per avere fatto coming out in pubblico”; adattata in “per esservi mostrati in pubblico”), giocando sull’anticonvenzionalità di questa stramba relazione tra un lama e un uomo. Si perde anche l’appunto sarcastico di Kronk all’affermazione di Yzma “L’ho praticamente cresciuto io!”, che da sarcasmo aperto (Yeah, you think he would’ve turned out better. – trad. Sì, avresti detto che sarebbe diventato una persona migliore.) viene traslato in ironia sottile (Che strano, non ti assomiglia per niente).
D’altro canto, il comicamente neutro “Can you feel the power?\I can feel it!” (Puoi sentirne il potere?\Lo sento!”) diventa l’intelligentissimo gioco di parole “Non ne avverti il nero potere?\ Oh, caspita, è nero forte!”, generando un momento di ilarità nel contrasto con la pozione di un vistoso colore rosa. Lo stesso accade con “This better be good!” (Mi auguro ci sia un buon motivo [per avermi svegliata]!) che a sua volta diventa, con qualche concessione, una citazione storica di Dark Command del 1940 presente solamente nell’adattamento italiano: “Guarda che ho ucciso per molto meno!”.
Non sorprende quindi notare che sia Yzma ad avere subito maggiormente questa rivoluzione. Dall’essere scary beyond all reason (spaventosa oltre ogni ragione), essa diventa la nonna brutta di Dracula. Dal voler capricciosamente vedere la porta di legno massiccio buttata giù (I don’t care, you fool!), la usa per apostrofare Kronk in malo modo (E’ di legno massiccio!\Come la tua testa!). La Yzma italiana si configura quindi come un personaggio costruito da una serie di battute sarcastiche che la rendono un antagonista più analogo ai grandi geni del male disneyani invece della donna capricciosa e lunatica che è la Yzma originale.
Un altro momento comico prettamente italiano degno di nota ha come protagonisti Pacha e Kuzco. La scena di riferimento li vede costretti a collaborare, schiena contro schiena, per scampare alle zanne affammate dei coccodrilli nella palude sottostante e risalire lungo la rupe. La famosa botta e risposta “Ci sei?\No, sono al bar.”, infatti, è presente solamente nell’adattamento italiano; lo scambio originale è “Ready?\Ok, got it!” (Pronto?\Ok, ci sono!).
Il contributo forse più noto e importante dell’adattamento italiano di The Emperor’s New Groove è dato da una frase nata come puro abbattimento della quarta parete. Il primo uso registrato di “Se lo stanno chiedendo tutti in sala!”, infatti, è proprio ne Le Follie Dell’Imperatore, per poi entrare nell’uso comune della lingua parlata, anche tra chi non ha mai visto questo fortunatissimo Classico. Fortunatissimo perché, nonostante l’insuccesso al box office, si è aggiudicato tante valutazioni positive da parte della critica ed è stato successivamente rivalutato dal pubblico italiano, anche e soprattutto per questo particolare lavoro di adattamento svolto che ha strappato tante risate e lo ha avvicinato ai gusti del pubblico del Bel Paese.