Vi proponiamo la prima parte di un approfondimento su Fantasia e Fantasia 2000 a cura di Lorenzo Dottorini di The Rainbow Connection – Muppets’ Italian Fanpage. A breve sarà online la seconda parte!
Oggi parliamo di Fantasia e Fantasia 2000 in una maniera un po’ originale. Infatti il nostro obiettivo è ripercorrere l’importanza che hanno avuto per svariati motivi questi due Classici per portare avanti la tesi del “perché sarebbe favoloso un terzo Fantasia e come renderlo tale”. Da qui ho iniziato un’indagine più accurata per considerare una visione di insieme dei tratti significativi dei due lungometraggi. Ma, anche solo dai primissimi passi di questa analisi, sono arrivato alla conclusione che, nonostante sia costituito solo da questi due film, distanti nel tempo di ben 40 anni, Fantasia rappresenta un vero e proprio universo a se stante. Probabilmente l’abisso più profondo della magia Disney. Ma per tuffarvici appieno dobbiamo partire da un po’ più lontano…
1929. Ben 11 anni prima dell’uscita di Fantasia (e per dirla tutta, 8 anni prima di Biancaneve, il primo Classico!). La Disney Brothers Productions, precisamente nelle figure di Ub Iwerks e Walt Disney, lavorava ad un nuovo progetto: le Silly Symphonies, in italiano Sinfonie Allegre. Se ne parla spesso in relazione alla figura di Walt (benché la prima ad essere stata realizzata, The Skeleton Dance (in foto), porti la firma registica di Iwerks) e se ne sono date molte definizioni. In breve, erano dei cortometraggi senza personaggi fissi (anzi, è da lì che nascono alcuni dei nostri amici più famosi. Uno su tutti Paperino!) in cui un ruolo fondamentale era affidato alle sequenze di animazione e alla musica in sottofondo. Erano dei veri e propri “laboratori creativi“, nei quali si sperimentavano nuove tecniche che rendessero l’animazione più fluida e che introducessero e perfezionassero due tra le più grandi innovazioni della storia del cinema: il sonoro e il colore. Basti pensare che il procedimento Technicolor a 3 colori era un’esclusiva Disney e che Flowers and Trees del 1932 è il primo cartone animato a colori.
Insomma, nelle fasi di progettazione e realizzazione di questa serie si respirava un clima di estrema creatività e immaginazione e l’intento era di spingersi sempre oltre le frontiere conosciute.
Nel 1936, qualche anno più tardi insomma, mentre si era nel clou della realizzazione di Biancaneve, Walt si trovò a dover rilanciare la figura del personaggio di Topolino che stava perdendo popolarità. Ispirato da una ballata di Goethe che già il compositore Paul Dukas aveva preso come punto di partenza per il suo poema sinfonico, dal titolo “L’Apprendista Stregone”, decise di iniziare a produrre un cortometraggio basato proprio sui lavori di Goethe e Dukas. Non sarebbe stato però un tradizionale cortometraggio della serie Mickey Mouse, e neanche, seppur strutturato in maniera molto simile, una Silly Symphony, ma un lavoro diverso, più complesso per certi versi: doveva essere qualcosa in cui, a detta dello stesso Walt “la pura fantasia si rivela“.
È chiaro, Disney voleva abbattere i muri dell’immaginazione, entro i quali si era svolto tutto il suo lavoro fino a quel momento, per approdare nelle profondità del mondo della fantasia. E per far questo era inevitabile che fossero reclutati i migliori in ogni campo, dal sonoro all’animazione, dal colore… alla musica! E proprio su quest’ultima, la svolta, come tutte le grandi cose, arrivò per caso. Gli capitò di incontrare a Hollywood Leopold Stokowski, direttore dell’Orchestra di Filadelfia, in un ristorante, e di iniziare a parlargli di questo grosso progetto. In quell’occasione e nel proseguimento delle trattative, il celebre e autorevole Direttore era entusiasta forse più dello stesso Disney di essere parte del progetto e sosteneva, poeticamente, che lo fosse anche la stessa musica. Così il 9 Gennaio del 1938, si arrivò alla registrazione del brano, eseguito da un’orchestra di 85 elementi selezionati dal maestro Stokowski che, per quell’occasione, fu lieto di dirigerli a costo zero.
Ma malgrado la benevolenza del Direttore, Roy Disney allertò il fratello che il capitale investito per questo corto era assolutamente fuori dalla norma e che, considerato che si stava lavorando su qualcosa di mai visto prima, le reazioni del pubblico sarebbero state imprevedibili. Almeno finanziariamente sarebbe stato sicuramente un flop. E fu allora che Walt ebbe la conferma che stava attraversando frontiere inesplorate e decise di allargare il progetto rendendo il corto L’Apprendista Stregone parte di un lungometraggio che fosse sulla stessa scia creativa, facendo così prendere forma al film che tutti conosciamo e adoriamo.
Da quanto detto finora, si capisce come il titolo “Fantasia” sia più che calzante. Il terzo Classico Disney è in assoluto un’opera sfrenata, all’avanguardia in ogni tempo e stupefacente per ogni essere capace di sognare.
Come non innamorarsi della delicatezza dei mastodontici ippopotami che ballano su “La Danza delle Ore” di Ponchielli o non restare impietriti di fronte a una delle più efficaci incarnazioni del male quale è il demone Chernabog mentre in sottofondo scorre “Una notte sul Monte Calvo” di Musorgsky?
Puntuali arrivarono accuse di intellettualismo e di “messa in ridicolo” della sacralità della musica classica.
La verità è che probabilmente il mondo accademico non era pronto a una simile rivoluzione, a fare uscir fuori dai propri salotti quel “sapere occulto ed elitario” che conservavano e custodivano da quando il jazz, il rock e poi il pop avevano conquistato il mercato musicale. Se molte persone oggi si trovano ad ascoltare alcuni brani di Stravinskij, Beethoven o Bach e sono in grado di riconoscerli è sicuramente in gran parte grazie alla straordinaria idea di Walt. E, anche qui, come nelle Symphonies fu utilizzata una tecnica tutta nuova, stavolta per il sonoro: il Fantasound, un nuovo sistema di riproduzione stereofonica surround.
Insomma, un successo che, malgrado sul momento a causa della Seconda Guerra Mondiale non fu economico, consacrò il valore artistico degli studi di animazione. Ed è singolare come questo sia stato il primo Classico ad approdare in Italia nel dopoguerra, anticipando Pinocchio, sebbene questo fosse precedente. Forse proprio perché un paese devastato dall’orrore del totalitarismo e della guerra… aveva bisogno di sognare!