Volevo scrivere un editoriale. Spiegare perché il pensiero di un sequel di Frozen (che di recente è stato ipotizzato da Idina Menzel) non è una buona idea. Spiegare perché per quasi cento anni i Disney Studios hanno attraversato periodi buoni e periodi di crisi senza (quasi) mai fare un sequel, e tutte le volte che si è deciso di continuare le storie dei Classici, il compito è stato sempre affidato a un altro studio, ad altre persone, con altri scopi, un altro budget, un’altra idea di cinema.
Poi mi sono ricordata di questo articolo, che, quasi un anno fa, diceva tutto. Lo traduco e lascio parlare l’autore, perché non c’è altro da aggiungere.
Normalmente, un film come Frozen avrebbe un sequel assicurato. Ma Frozen non è un film normale. È un film Disney.
I sequel vengono realizzati perché si possono vendere meglio e di conseguenza ci sono speranze maggiori di ottenere un profitto. E questo alle aziende piace. Ma Disney Animation non ha mai avuto bisogno di creare dei seguiti. Ad esempio, avrebbero potuto realizzare Lilli e il Vagabondo 2 negli anni ’50, ma con La Carica dei 101 ottennero il medesimo risultato: un altro cartoon di successo con protagonisti dei cani.
Ora sta succedendo la stessa cosa. I Walt Disney Animation Studios avrebbero potuto produrre Rapunzel 2, invece hanno puntato su Frozen 1, un film con principesse diverse che si è rivelato un enorme successo. La loro formula è come il vecchio cinema: ogni film di Clark Gable era molto simile a quello precedente, ma non era un sequel. Tutti i musical di Dick Powell erano simili, ma lui interpretava sempre personaggi diversi.
Non c’era bisogno di realizzare sequel, perché tutti gli stessi ingredienti erano lì, pronti per un’altra pellicola di successo. La stessa cosa accade per la Disney. È la formula, non il sequel.