Ridley Scott, regista noto per film come Il Gladiatore, Robin Hood o Le Crociate, si fa carico per la 20th Century Fox di riportare sugli schermi cinematografici quella che si potrebbe definire come una delle più grandi storie narrate dalla Bibbia: l’avventura di Mosè e del suo popolo alla ricerca della terra promessa.
Con un inizio non troppo coinvolgente, causato probabilmente dal nostro essere abituati ad una narrazione classica di questo antico episodio che solitamente parte con il ritrovamento del nostro protagonista, il regista inglese decide di far partire il film da un punto avanzato della storia, dalla morte del faraone Seti I.
Due figure fraterne per quanto diverse fra loro ci vengono mostrate, differenziandosi sempre più: Mosè, magistralmente interpretato dal trasformista Christian Bale che ancora una volta dimostra di poter rivoluzionare un personaggio, rendendolo forte e carismatico come nessun suo predecessore animato o reale è riuscito a fare finora in tale ruolo, ed il futuro faraone Ramsete II, per la prima volta nella storia del cinema antitesi del fratello acquisito con il suo esser debole, viziato e poco pratico, interpretato dall’australiano Joel Edgerton.
Questa scelta che potremmo definire originale è solo una delle tante che Ridley Scott fa e che decreterà sicuramente il successo del film fra il pubblico. Scelte, tuttavia, che sacrifica il ruolo di altri personaggi interessanti come quello del grandioso Ben Kingsley che veste i panni di Nun, quello della bellissima mogli di Mosè, Sefora, interpretata da Maria Valverde o quello di Giosuè e Miriam, fratelli carnali della guida ebrea, rispettivamente Aaron Paul e Indina Varma. Nonostante il taglio di queste figure e queste innovazioni, state pur certi che vedrete lo stesso il famoso racconto. Le novità inserite non disturbano il normale svolgimento dei fatti, al contrario lo rendono più interessante. L’innocenza di un Dio che si mostrerà comunque vendicativo come quello del Primo Testamento verrà rappresentata, per esempio, da un bambino che si rivelerà solo quando egli crede sia più opportuno, come un vero e proprio gioco. Fedele alle Sacre Scritture sono invece le piaghe che faranno inginocchiare il popolo egiziano, che nonostante i 200 milioni di dollari impiegati per il film non riescono ad esser totalmente credibili nella loro CGI. Saranno protagoniste di emozionanti scene del lungometraggio quasi azzerate di ogni dialogo, che riescono ugualmente ad affascinare.
Non avrete bisogno, quindi, di lunghi monologhi o pesanti spiegazioni per capire ciò che il film vuole trasmettere. La bravura degli attori ed il rapporto conflittuale fra fratelli e rappresentanti di Dei sarà in grado da soli di illustrare il senso di questa pellicola a più livelli. Potrete trovare la lotta fra due uomini, fra due popoli o fra due religioni. Una lotta spiritica o fisica, interiore o esteriore.
Il budget, comunque, è giustificato dall’accurata ricostruzione degli scenari a cura di Arthur Max e dai costumi realizzati da Janty Yates capaci da soli d’affascinare e far calare nell’antico Egitto lo spettatore. La musica, inoltre, tipica di un colossal come questo e composta da Alberto Iglesias, aiuta questa azione. Specificarlo, copme poi vedrete, è d’obbligo.
Infine, grazie alla fotografia curata dall’esperto Dariusz Wolski unita agli effetti speciali, seppur precedentemente criticati, sono ben gestiti e giustificano l’uso del 3D.
Il film, che giungerà nelle sale il 15 Gennaio, sarà dunque pienamente in grado di trasportarvi nel passato, in antiche terre, attraverso un viaggio di liberazione e scoperta, alla conquista di luoghi e diritti perduti, narrandovi una storia conosciuta in modo meno scontato di quanto non possiate mai immaginarvi. Posso solo augurarvi una buona visione!