Qual è il motivo che ci spinge a varcare la soglia della sala cinematografica? Cosa ci invoglia a sederci su quelle comode (si spera) poltrone in attesa che si spengano le luci per cedere a quel rapporto di fiducia tra spettatore e schermo? Il piacere della scoperta è sicuramente una delle risposte più esaurienti. Poster, trailer e clip sono mezzi di comunicazione utilizzati per incuriosire, per catturare l’attenzione e generare un senso di conoscenza non indifferente. Ma cosa accade nel momento in cui il cinema, il prodotto per cui paghiamo il biglietto sancendo un contratto di fiducia, a scatola chiusa, non ci regala nulla di nuovo? Nessuna situazione inedita, alcuna emozione che non avessimo già vissuto, ma solamente un senso di nostalgia verso un passato irripetibile?
Questo è ciò che si prova guardando Il Re Leone di Jon Favreau.
L’attesissimo film non delude le aspettative create dalla campagna pubblicitaria ad esso legata: quella di seguire “shot-for-shot”, inquadratura dopo inquadratura, il lungometraggio animato del 1994. Ancor più de Il Ritorno di Mary Poppins, che clonava la struttura narrativa del film del 1964, ancora più de La Bella e la Bestia, che seguiva pedissequamente la controparte animata inserendo fugaci novità, Il Re Leone sembra voler essere una semplice conversione in digitale della pellicola originale. È lontanissimo da stravolgimenti come quello messo in atto in Maleficent – Il Segreto della Bella Addormentata, ma anche da reinterpretazioni come Cenerentola, Dumbo e Aladdin, dove tra un omaggio e l’altro è possibile scorgere la cifra stilistica dei registi Kenneth Branagh, Tim Burton e Guy Ritchie (più in alcuni che in altri casi).
Ma è sufficiente? La domanda è retorica.
E lo è ancor di più considerando che a produrlo è un’azienda nata su fondamenta legate alla lungimiranza, alla creatività, all’idea di sfida e di ricerca (ovviamente, non solo tecnologica) che ha reso possibile la creazione di un modello, di un tracciato, di un canone da seguire film dopo film, generazione dopo generazione, per realizzare dei “classici” intramontabili, validi nel 1936 quanto nel 2019. Dopo un periodo di scarso successo attraversato tra gli anni ’80 e ’90, Il Re Leone del 1994 fu proprio uno di quei film che guardando al passato (ed è emblematico questo parallelismo) segnò la strada verso il futuro, nel cosiddetto “Rinascimento” dei Walt Disney Animation Studios. Risulta assurdo pensare che, se non per bieco incasso, oggi ci fosse la necessità di realizzarlo con tecniche innovative per renderlo più fruibile e attuale. E lo è ancor di più sapendo che questo film (e il filone di cui fa parte) ha annientato la possibilità di vedere produzioni originali e creative.
Per quanto impressionante nel suo ricercatissimo realismo, il film è costretto a rinunciare ad alcune sequenze o ad alcune caratteristiche iconiche (come la caratterizzazione delle iene, la messa in scena di canzoni come “Voglio Diventar Presto un Re” e “Sarò Re” – presenti, ma necessariamente meno incisive a causa dell’estremo fotorealismo – o la mitica Hula di Timon e Pumbaa) proprio per il suo essere fotograficamente credibile. L’estraniamento dello spettatore, difatti, subentra proprio quando i protagonisti non si comportano pedissequamente come animali reali, per esempio nei momenti musicali, quando cantando svelano la loro natura di personaggi animati. Per tale motivo il film raggiunge il suo apice nel momento in cui diventa documentario, piuttosto che in situazioni comiche o emotivamente forti.
Le musiche di Hans Zimmer, nuovamente arrangiate dal compositore per l’occasione, hanno il merito di emozionare esattamente come accaduto 25 anni fa, essendo sostanzialmente le stesse.
All’altissima ambizione tecnica, allo straordinario fotorealismo raggiunto, si contrappone dunque un’ambizione creativa inesistente, costretta a rivelarsi solo per aggirare i limiti narrativi dell’animazione computerizzata, ingabbiata nella sua stessa forza legata alla forte veridicità, rispetto all’estrema libertà dell’animazione tradizionale, surreale, vivace e così affascinante.
Il gioco quindi vale la candela? Probabilmente chi non vede l’ora di rivedere il suo film preferito riproposto in modo più realistico apprezzerà. A tutti gli altri non resta che attendere storie più creative sotto il marchio Walt Disney Company, magari riguardando Il Re Leone animato in DVD o Blu-Ray.