È la notizia del momento: l’amministrazione della Regione Sicilia sarebbe in procinto di riaprire le trattative con la The Walt Disney Company per aprire un nuovo parco a tema in Italia. Secondo le dichiarazioni dell’assessore all’economia della regione, Gaetano Armao, l’incontro con i vertici della Disney sarebbe già fissato per gli inizi di Maggio.
Si parla di una riapertura delle trattative in quanto, già nel 2013, l’allora Vice Presidente di Disney Media Jay Visconti aveva preso contatti con le amministrazioni locali per la realizzazione di un investimento di circa 750 milioni di euro nella zona di Termini Imerese. Tuttavia, per ragioni non meglio chiarite dalle parti in causa, non fu possibile trovare un accordo e il progetto fu accantonato.
È indubbio che la possibile apertura di un parco Disney italiano generi entusiasmo, non solo tra gli appassionati della Casa di Topolino, ma anche negli ambienti politici che riconoscono, nella portata dell’investimento, un’importante svolta positiva per il rilancio del territorio, per l’intensificazione del turismo, per la creazione di infrastrutture all’avanguardia e di tantissimi posti di lavoro. A parere di chi scrive, però, l’impeto con il quale tale notizia è stata accolta, sarebbe, almeno in parte, da ridimensionare. Proviamo a capire perché.
Prima di tutto, cosa succede quando si apre un parco Disney? Non parliamo già di cantieri, colloqui, scavatrici, gru e casting, ma proprio del modus operandi della Company. Potremmo sintetizzare all’osso la questione in tre punti principali, che non esauriscono affatto la trattazione, ma che sono cruciali per farsi un’idea sulla possibile realizzazione del progetto: affluenza, territorio e piano di investimenti.
Tralasciamo il primo per adesso e andiamo direttamente alle questioni territoriali: Disney deve selezionare un sito per la costruzione del proprio parco/resort, che presenti caratteristiche ben precise in termini di edificabilità, grandezza ed estetica (in cui rientrano anche le condizioni climatiche e il “gusto paesaggistico”). Di solito questa fase è molto lunga e sono tantissime le opzioni che vengono di volta in volta proposte e poi accantonate. L’Italia è stata più volte presa in considerazione, soprattutto per il clima mediterraneo (molto simile a quello presente in California e Florida) che non solo aiuta a rendere una visita al parco piacevole in qualsiasi periodo, ma rende possibile, tra le altre cose, la costruzione di determinati tipi di attrazioni che fanno uso di acqua che, in condizioni climatiche troppo rigide, potrebbero essere soggette a chiusure forzate per gran parte dell’anno e a costi di manutenzione ingenti a causa della formazione di ghiaccio. Difficile, in questo momento iniziale almeno, invece è valutare se il sito di Termini Imerese presenti impedimenti strutturali all’edificazione (come accaduto a Tolosa, inizialmente preferita a Marne-la-Vallée per ospitare Disneyland Paris) o limiti in quanto a grandezza. Su quest’ultima questione saranno, nel caso, cruciali anche gli accordi che la Company prenderà con il governo italiano e le amministrazioni locali.
Per quanto concerne il piano di investimenti, il primo passo è, appunto, stipulare una serie di accordi con il paese ospitante: il governo concederà l’utilizzo del sito e darà alcuni permessi speciali (ad esempio l’autorizzazione a eseguire spettacoli pirotecnici straordinari quotidianamente), a patto che la Disney si impegni ad investire, personalmente o meno, nel rilancio di quei territori con la creazione di infrastrutture (anche se c’è la possibilità che i costi per un’eventuale rete aeroportuale, ferroviaria o metropolitana, siano a carico dello Stato) e posti di lavoro. Per quanto riguarda i parchi extra-americani, la Company ha sempre adottato una strategia di investimenti che non la vede azionista di maggioranza e quindi dirigente in prima istanza del parco/resort, ritagliandosi il compito di creatrice di un polo di attrazione per investitori locali (potremmo dire in modo non troppo dissimile da quanto accade in campo editoriale: Disney ha il controllo sui personaggi e detta le linee guida per il loro utilizzo, ma l’editore è una figura esterna). Questa strategia ha avuto un grande successo in Giappone, così come nel recentissimo Resort di Shanghai; a Hong Kong invece è stato necessario mettere in atto un’operazione di rilancio che sta dando i suoi frutti già da diversi anni, senza però un intervento economico massiccio della Company centrale. Nel caso di Disneyland Paris infine, la strategia si è rivelata del tutto fallimentare al punto che, dopo una serie di sfortunati tentativi per risollevarne le sorti, la The Walt Disney Company ha deciso di acquisirne la totale proprietà e di attirare così i propri investitori americani per provare a risollevare le sorti del parco, con dei risultati positivi già visibili e un ingente piano di investimenti per il futuro.
Dopo l’esperienza parigina è difficile prevedere quale potrebbe essere la strategia prescelta dalla Disney per investire nella costruzione di un secondo resort europeo. E, su queste parole, riagganciamoci al primo punto della trattazione che avevamo momentaneamente ignorato: ci sarebbe davvero un riscontro economico positivo nella costruzione di un secondo parco in Europa? La risposta è probabilmente no.
Una Sicilian Disneyland sarebbe in diretta concorrenza con Disneyland Paris (Resort che abbiamo già detto essere soltanto dopo 25 anni di attività un po’ in ripresa) e finirebbe per rubargli una consistente fetta di turismo, anche considerando unicamente quello proveniente dall’Italia. D’altra parte francesi e inglesi resterebbero fedeli al parco parigino. Risultato di tutto ciò: due Disneyland capaci di attirare una quantità di turisti pro-capite troppo esigua per gli standard aziendali, situazione che porterebbe per forza di cose alla scelta di chiuderne una.
Ma allora cosa voleva davvero Jay Visconti dall’amministrazione siciliana? Si avvertono i lettori che da questo momento siamo in un campo puramente speculativo, non suffragato da alcuna fonte ufficiale, frutto soltanto dell’esperienza di chi vi scrive nell’analizzare e prevedere le scelte fatte dalla Disney negli anni soprattutto in materia di parchi e resort.
Le cause del fallimento del tavolo delle trattative aperto cinque anni fa furono liquidate a semplici incomprensioni tra le parti. Molti pensarono che il tutto fosse riferibile alle pretese economiche avanzate dalla Company americana, ma forse le ragioni profonde vanno ricercate in un fraintendimento di fondo: l’amministrazione siciliana era convinta, come lo è adesso, che la Disney volesse edificare un parco, mentre, probabilmente, erano altre le ipotesi da vagliare per avviare una collaborazione tra il Bel Paese e la Company di Topolino. La divisione Parchi e Resort infatti non amministra soltanto i parchi a tema ed esistono almeno altri due ambiti di competenza: la costruzione di un Disney Resort & SPA sul mare e/o la creazione di un polo turistico di interesse per le rotte mediterranee delle navi della Disney Cruise Line.
Per Disney Resort & SPA intendiamo una realtà simile all’Aulani Resort sito alle Hawaii. Si tratta di un grosso complesso alberghiero, sul mare, provvisto di spiaggia, SPA e di un piccolo “parco acquatico” con scivoli e piscine. In questo Resort sono organizzati anche dei meet & greet con alcuni personaggi Disney (Topolino e i suoi amici, ma anche Lilo e Stitch o Vaiana) e, come negli Hotel Disney presenti nei parchi divertimento, la tematizzazione scenografica degli ambienti, delle camere e dell’intera struttura, dà un tocco in più all’intera vacanza. Probabilmente, in quest’orizzonte, un resort siciliano rientra appieno tra le possibilità di investimento della Company su suolo italiano.
Per quanto riguarda le crociere, Disney ha già all’attivo delle rotte nel Mediterraneo. Ma alle Bahamas, ad esempio, i crocieristi Disney hanno la possibilità di accedere all’isola privata di Castaway Cay, di proprietà della Company, concepita per essere un luogo di intrattenimento esclusivo. Non è da escludere che Disney stia pensando di creare a Termini Imerese un polo simile, dove le sue navi potrebbero attraccare e i turisti potrebbero godere di un’esperienza unica e disneyana.
In conclusione, non ci resta che aspettare e vedere… servirà un pizzico di polvere di fata per avere il nostro pezzetto di Disney?