Dopo la grande (e inaspettata) vittoria ai Golden Globes, il regista di Missing Link Chris Butler ha gli occhi puntati verso il 9 febbraio e il premio Oscar, che a questo punto potrebbe davvero andare per la prima volta al piccolo studio di Portland specializzato in stop motion, Laika Entertainment.
Ma c’è una questione che il regista ha a cuore più dei premi: la rappresentazione della comunità LGBTQ nei prodotti d’animazione dedicati ai bambini e alle famiglie. Butler è ricordato come il primo regista di un cartoon per bambini ad inserire un personaggio apertamente e dichiaratamente gay (Mitch in ParaNorman), e con Missing Link ha voluto raccontare una storia di identità, e di come l’identità sia qualcosa che scegliamo da soli e non che ci viene imposta dagli altri.
Eppure, il regista è uno degli unici due candidati LGBTQ agli Oscar di quest’anno (l’altro è Sir Elton John), una mancanza di rappresentazione davvero importante. Ecco alcune sue dichiarazioni rielaborate da una recente intervista per Attitude sul tema e sulla consapevolezza che dovrebbero avere gli artisti che lavorano nel settore intrattenimento per bambini e ragazzi.
A proposito dei suoi film, ParaNorman e Missing Link
“Sto provando a sovvertire le regole, laddove posso. Penso che l’intrattenimento per bambini debba essere intelligente, debba avere qualcosa da dire. Ho iniziato con ParaNorman, che aveva il primo personaggio gay in un film d’animazione per famiglie, e siamo stati nominati a un premio GLAAD per questo. Sono orgoglioso di averlo fatto, probabilmente è la cosa che mi rende più orgoglioso di tutta la mia vita. E poi ho cercato di fare lo stesso con Missing Link. La tematica dell’identità è molto cara alla comunità LGBTQ. Vorrei solo che se ne parlasse di più. Ma se posso essere io a spingere l’asticella un po’ più in là, ne sono felice”.
A che punto siamo?
“Ci sono stati dei cambiamenti da quando ho cominciato la mia carriera, ma si tratta sempre di piccolezze. Dieci anni fa avrei risposto: “Oh, assolutamente, stiamo andando nella direzione giusta”. Ma adesso sono successe tante cose politicamente, specialmente negli Stati Uniti, e mi sembra che la situazione sia completamente opposta rispetto a quel momento positivo.
Penso che il cambiamento richieda tempo. L’industria dell’animazione era composta solamente da vecchi uomini bianchi quando ho cominciato. Mi ricordo ancora che alla fine degli anni ’90 era un settore prettamente maschile, e questo non può cambiare da un giorno all’altro. Stiamo facendo passi avanti, per esempio a Laika cerchiamo sempre di essere inclusivi. Ma i cambiamenti non arrivano immediatamente, purtroppo ci vuole tempo”.
Cosa dovrebbero fare i registi di animazione?
“Credo che il panorama stia cambiando. Il cinema era concentratissimo sul box office e sull’opening weekend, ma piano piano questa preoccupazione sta sfumando ora che esiste lo streaming. Non devi preoccuparti di portare la gente in sala dal primo giorno: il film è lì, in una piattaforma differente. Secondo me questo farà sì che i contenuti si differenzino di più d’ora in poi. L’ho già notato, inizia ad esserci una maggior varietà di tematiche e questo è un passo molto positivo.
Ma ora abbiamo bisogno di qualcosa di più grande. Abbiamo bisogno di un film Marvel o di un film di Star Wars con un protagonista gay. Non è abbastanza dire: “Beh, forse questa principessa segretamente è lesbica”, ma poi non mostrarlo affatto sullo schermo. Non è abbastanza. Quello è solo un contentino per assicurarsi che la comunità LGBTQ paghi felicemente per andare a vedere un film. Non è vera inclusione.
Ho sentito molte critiche sul bacio omosessuale in Star Wars: L’ascesa di Skywalker, gente che diceva che fosse un’immagine negativa. Io non sono d’accordo. Io penso che rappresentare una cosa simile sul grande schermo sia positivo. Però, adesso abbiamo bisogno di protagonisti che siano dichiaratamente LGBTQ. Non possiamo rimanere nelle retrovie per sempre”.