Sull’onda delle proteste di Black Lives Matter, anche la Disney (che come azienda si è schierata totalmente a favore del movimento) sta ricevendo alcune critiche da suoi ex dipendenti. Nelle ultime ore si è diffusa sui social la testimonianza di Cooper Howell, attore nero che ha preso parte nel 2016 nel musical Frozen: Live at the Hyperion (non lo show di Broadway ma quello al Disney’s California Adventure) nel ruolo del principe Hans.
Abbiamo tradotto parte della sua testimonianza, ma vi consigliamo caldamente, se vi è possibile, di leggere l’intero racconto in lingua inglese sulla pagina Facebook dell’attore.
Leggi la storia completa sulla pagina di Cooper Howell
Di seguito un video che lo vede nei panni del principe Hans:
I will never forget the first time I saw the both of you perform. You both are so talented and amazing ✨ I’m so sorry for what happened to the both of you and please know that there are many flath fans who love you both !❤️ pic.twitter.com/TJG713l40N
— zoe (@zoecarlow) June 4, 2020
Ed ecco una parziale trascrizione della sua testimonianza:
“Tanto tempo fa Liesl Tommy ha scelto me per interpretare il Principe Hans nello spettacolo Frozen: Live at the Hyperion. E io sono rimasto sconvolto. SCONVOLTO. Nessun precedente nella mia carriera mi aveva fatto credere che questo fosse possibile. Fino a quel momento ogni ruolo che avevo interpretato aveva a che fare con la mia etnia. […] Pensavo di non riuscire a ottenere la parte, tanto che quando mi chiamarono la seconda volta per l’audizione ci andai con poca convinzione. C’era lo 0% di probabilità che la Disney mi facesse interpretare un principe, tanto più che il personaggio è bianco con i capelli rossi nel film.
Ma poi ho avuto la parte. E immediatamente tutto è cambiato.
Immaginate di essere pagati per indossare un costume da 10.000 dollari e interpretare questa parte fantastica davanti a 4000 persone al giorno. Un personaggio cattivo, complesso, che canta un duetto meraviglioso e poi ribalta sottosopra lo spettacolo con un monologo che lo rivela per quello che è veramente… e la mia etnia non è stata menzionata neppure una volta, perché non importava. Quello che veniva ricompensato era Cooper, il mio talento, non il colore della mia pelle, che non ho mai chiesto di avere. Era il paradiso.
[…] Quando Liesl se n’è andata, sono andato a salutarla e le ho detto: “Non so perché lo hai fatto, ma grazie per avermi scelto per questo ruolo”. Lei ha risposto: “Perché mai non avrei dovuto scegliere una persona bellissima e di talento come te?”. E io ho mormorato qualcosa come: “Beh, insomma… sono nero… lo sai perché”. Al che lei ha inclinato la testa e ha risposto: “No. Non so perché. Spiegami perché dovrebbe essere importante”. Io non avevo una risposta, e lei ha sorriso. Questa era la risposta: non era importante. In quel momento il mio modo di vedere me stesso è cambiato. Si sono aperte per me delle porte verso nuove possibilità.Poi Liesl è tornata a New York ed è stata rimpiazzata nel compito di regista da un uomo chiamato Roger Castellano. Il primo giorno ci ha detto che il suo obiettivo sarebbe stato “cambiare lo spettacolo”. Non ci è stato detto cosa doveva essere cambiato né perché […] La reazione iniziale di tutti quanti è stata fare resistenza a questi cambiamenti, ma presto hanno cominciato a ridurre le performance di coloro che che si lamentavano, oppure a sostituirli del tutto con nuovi attori: il teatro Hyperion era diventato un posto dove nessuno poteva più denunciare un’ingiustizia. Nonostante le scorrettezze fossero all’ordine del giorno, nessuno aveva il coraggio di dire niente, perché tutti avevano paura di perdere la loro unica fonte di sostentamento. E qui è quando Frozen: Live at the Hyperionsi è trasformato in un inferno.
[…] Da quel momento, in ogni istante sul palco mi sono sentito prima di tutto un nero. È stato come se tutto a un tratto fossi consapevole di dovermi ritenere fortunato, perché in circostanze normali o anche secondo le idee del nuovo regista, non sarebbe stato possibile ottenere quella parte. Il messaggio era chiaro. […] Ed è diventato ancora più chiaro nelle settimane seguenti, quando Domonique [Paton, attrice nera che interpretava Anna, n.d.r.] e io abbiamo iniziato a ricevere tantissime correzioni dal regista, dieci volte il numero di correzioni che faceva ai nostri colleghi che interpretavano le stesse parti. Era quasi un gioco; in effetti lo abbiamo trasformato in un gioco scommettendo ogni giorno su chi avrebbe ricevuto il minor numero di commenti. […] A volte mi infilavo tra il pubblico e guardavo recitare gli altri Hans: alcuni cambiavano le parole, cambiavano l’intero significato di una scena, aggiungevano dei vocalizzi, dei movimenti di ballo in più, e non venivano mai corretti. Li guardavo per capire cosa stessi sbagliando. Cosa mancava alla mia performance? Che cosa facevo di male per ricevere così tanti commenti negativi? Allora mi sono accorto che l’unica cosa diversa era che io fossi di un altro colore rispetto agli altri 5 Hans, che erano tutti bianchi.E poi hanno iniziato a fare osservazioni sul mio pene.
[…] Bisogna ammetterlo, i pantaloni del principe Hans sono stretti. […] Ripetutamente mi è stato detto di non renderlo così visibile nel costume, che “se mia figlia fosse una bambina non vorrei che venisse a vedere uno show con te come attore” (ancora più offensivo dato che sua figlia faceva parte del cast, era adorabile ed era una mia amica). […] Una volta mi ha urlato addosso, davanti a tutti i miei colleghi durante il pranzo, dicendo che fossi incredibilmente poco professionale, che era stanco di vedere il mio pene e che dato che non avevo comprato una cintura per contenerlo non meritavo più di restare nel cast. […] Diversi colleghi che hanno assistito a questi episodi mi hanno suggerito di andare al lamentarmi all’ufficio risorse umane. […] Durante l’incontro, la responsabile mi ha detto che per prendere seriamente la mia denuncia avrei dovuto fornire dei testimoni. I testimoni, ovvero esattamente le persone che mi avevano suggerito di andare all’ufficio risorse umane, mi hanno risposto no. Non volevano rischiare di perdere il lavoro. Pensandoci oggi, probabilmente è la cosa che mi ha fatto più male in assoluto… ma in ogni caso mi è stato detto: “Faremo delle indagini e ti chiameremo quando le avremo completate”. Non mi ha mai chiamato nessuno.Con zero protezione da parte degli stage manager sia per quanto riguardava le molestie sessuali sia per quanto riguardava i commenti razzisti che io e altri ricevevamo, e senza risposta alle denunce che avevamo portato all’ufficio risorse umane, ho iniziato a pensare di mollare il lavoro. E quando uno stage manager ha fatto una battuta completamente offensiva sul linciaggio, me ne sono andato. Non ero importante per Disney. I miei sentimenti e ciò che stavo passando venivano ignorati.
[…] Non mi dimenticherò mai cosa provavo nei primi giorni quando ero sul palco con le meravigliose principesse che dovevo corteggiare nel ruolo di Hans e pensavo: “Wow. Sono davvero un principe”. Probabilmente suona stupido, ma io non mi sentivo stupido. Ero un principe Disney! Beh, un principe un po’ di merda… un sociopatico… ma comunque un principe! La cosa più speciale di quell’esperienza è stata poter guardare Domonique negli occhi e vedere in lei la stessa luce che diceva: “ci credi che lo stiamo facendo davvero?”. Ma non sapevamo che cosa ci aspettava. Il colore della mia pelle è stato e sarà per sempre parte della mia carriera e un fattore determinante sulle possibilità che avrò in futuro. Da esso dipenderà sempre come verrò trattato dai registi, dalle persone, da coloro che rappresentano le autorità sopra di me, compresi il governo e la polizia.”Foto: Screenshot