Nato nella capitale della Nuova Zelanda Wellington nel 1964, Russell Crowe è uno degli attori più amati della sua generazione. Fattosi conoscere ed apprezzare dal grande pubblico per le sue interpretazioni – su tutte quella del generale romano Massimo Decimo Meridio ne Il Gladiatore che gli valse l’Oscar nel 2001 – l’attore e regista è stato tra gli ospiti più attesi di Alice della Città, dove ha portato in anteprima il suo nuovo film da regista Poker Face. L’attore e regista è stato anche protagonista di una masterclass che lo ha visto assoluto mattatore.
Accolto calorosamente dal pubblico dell’Auditorium Conciliazione, Russell Crowe ha preso subito in mano le redini dell’incontro stravolgendo quelli che erano i piani degli organizzatori. “Dovremmo vedere alcune clip di film che avete già visto e poi farmi domande già fatte. Non accadrà niente di tutto ciò, io vi parlerò di cinema, di sceneggiatura, di performance, di narrazione, non intendo rispondere a domande su cosa ho mangiato per colazione. “Vedete quando si invecchia, ed io sono invecchiato, si ha l’opportunità di insegnare cosa si è imparato ed io sono intenzionato ad avere questa conversazione con voi.C’è solo una regola: le domande potranno essere fatte solo dagli studenti di cinema presenti in sala.”
Un inizio quindi tutt’altro che banale, che ha visto l’artista camminare su e giù per la sala per tutti i 90 minuti previsti, parlando dei suoi inizi nel mondo dello show business ed elargendo consigli. L’attore ha così iniziato a raccontare di come abbia iniziato quasi per caso a recitare quando aveva 6 anni: “un giorno andai a trovare mia madre, che faceva catering per il cinema e la televisione, sul set della serie Spy Force e mi propose come volontario per una scena in cui non avevano abbastanza bambini. Un viaggio iniziato a 6 anni e che continua ancora oggi a 58 anni.”
Crowe si è poi soffermato come nella sua lunga carriera abbia interpretato testi classici giusto in paio di volte quando aveva circa vent’anni e di come non abbia mai seguito corsi di lavorazione, imparando il mestiere d’attore direttamente sul palco di un teatro o sul set di serie TV e film. Una passione quella per la performance totale, che comprende anche la musica a cui si è avvicinato attorno ai quattordici anni, età in cui ha iniziato anche a scrivere canzoni. Un adolescenza passata in parte sul palco di un teatro ed in parte lavorando nei club in vari ruoli: “mentre recitavo ho lavorato anche come barman, dj, cameriere, barman. Volevo unire il mondo del lavoro con quello dell’intrattenimento. Ero ossessionato dalla performance. Questo sono io, questa è la realtà. Non sono venuto da Hollywood. Ho fatto il mio primo film a 25 anni ma avevo già fatto più di duemila performance live tra teatro e concerti.”
Un sogno quello di fare cinema che ha sempre coltivato ma che ha ammesso di non aver mai confessato ad alta voce nessuno. Ha confessato che quando gli si chiedeva cosa volesse fare grande rispondeva sempre “quello che sto facendo”, poi è arrivata la grande occasione e il resto è storia. Raccontando della sua carriera ha inoltre tenuto a spronare i ragazzi presenti a coltivare le loro passioni e a non lasciarsi dire da nessuno cosa possono fare, di non ascoltare chi dice che si può fare solo una cosa. “Scrivere canzoni è per me una passione, ma non ci pago le bollette. Le performance live sono per me una passione, ma non ci pago le bollette. Vedete ci sono persone fortunate che sanno cosa vogliono fare, che hanno dei desideri da realizzare, non lasciate andare questi sogni ma perseguiteli. Non sprecate questa energia.”
Dopo aver parlato di sé e dei suoi inizi, Russell Crowe ha poi passato la parola al pubblico e rispondendo alle domande che gli venivano poste, non prima però di informarsi un minimo sui ragazzi, chiedendo cosa studiassero.
Che suggerimenti dai ai compositori con cui lavori?
Russell Crowe: Come attore generalmente non vado dal compositore a dirgli come fare il suo lavoro, è come se lui venisse da me e mi desse consili di recitazione. Sono aree separate. Sono il regista e il compositore che decidono le musiche anche in base al mio lavoro. Come regista ho un approccio molto simile. Quando ho girato The Water Diviner ho avuto l’opportunità di lavorare con Ludovico Einaudi e io mi sono limitato a mostrargli cosa avevo girato, poi è stato lui a realizzare la musica.
Quali sono state le grandi delusioni della tua carriera? Come hai reagito?
Russell Crowe: La mia delusione non è quella che voi potete pensare, per me le delusioni sono su base quotidiana. Quando sei sul set di un film importante e hai un ruolo importante capita di girare scene difficili che riesci a portare a casa ma mi capita, quando sono a casa, di svegliarmi di notte ed avere un’idea su come la scena avrebbe potuto essere migliore, ma ormai è fatta. Succede tutte le volte. Inoltre non ambisco a determinati ruoli, preferisco essere il primo a fare qualcosa di nuovo. Sono sicuramente arrogante ed ho un ego spropositato, ma questo sono io. Sicuramente è Non ci si deve attaccare troppo a certe cose, il lavoro prima o poi finisce e ti tieni stretto i bei momenti passati sul set.
Come sei riuscito a mettere da parte il tuo ego, in particolare agli inizi? Che suggerimenti puoi dare ai giovani attori?
Russell Crowe: Il lavoro di attore consiste principalmente in rifiuti, un po’ di ego serve come protezione. Non troppo però, perché l’attore è comunque al servizio del personaggio che interpreta e del regista. Se sei su un set è perché ti ha scelto il regista e quindi tu devi dargli quello che ti chiede. Se il regista vede che fai bene il tuo lavoro, che riesci a restituirgli quella che è la sua visione parlerà bene di te con gli altri. È così che si creano legami nel cinema.
Come riesci a concentrarti sulla tua carriera con un lavoro instabile come quello dell’attore?
Russell Crowe: Bisogna avere il coraggio e un pizzico di pazzia. Tutti a scuola avevamo il compagno di classe matto, ma la pazzia senza controllo non serve a nulla. Siete i burattinai di voi stessi, ci si deve saper controllare. La ribellione richiede equilibrio. Vedete sul set è normale girare più volte la stessa scena. Vi racconto di quando ho girato la scena di Massimo che torna a casa e trova la moglie morte ne Il Gladiatore. Ridley mi dice “giriamo la scena in cui corri attraverso il campo e arrivi ad una fonte di luce e lì vedi una pira e i piedi di tua moglie, ti avvicini e ti rendi conto di aver fallito”. Io gli ho detto che dopo aver attraversato la Germani e la Spagna e aver ucciso cinque o sei cavalli per tornare a casa e scopro che mia moglie è morta non la bacio? Non le dico addio? E lui: no, ti avvicini ai piedi, ho soltato i piedi, non fare scherzi.” Così mi sono avvicinato ai piedi, le ho baciato il piede – il regista va sempre accontentato – e mentre faccio la scena inizio a piangere e disperarmi perché il fallimento di Massimo mi travolge. Ridley chiama lo stop e dice “scena bellissima, ora la rifacciamo di nuovo”. Vedete non c’è coraggio nello starsene seduti sul divano di casa ad aspettare che il mondo bussi alla tua porta.
Quale ruolo ha rappresentato per te una sfida?
Russell Crowe: Ogni singolo ruolo è una sfida. A livello psicologico sicuramente A Beautiful Mind,mi ha letteralmente fatto impazzire. A livello fisico A Cinderella Man, ho passato 36 giorni a girare sotto la pioggiaa. È stata dura perché era inverno quindi l’acqua che usavamo era gelata e dover dire le battute quando non riesci ad aprire la bocca per il freddo non è facile.
Che consigli daresti ai giovani attori che iniziano a lavorare sul set?
Russell Crowe: Non correte sul set. La ragione è che il giusto passo richiede continuità e se la hai riesci a ad tempo extra. Correre su un set dove nessuno sta mai fermo è pericoloso, rischi di farti male. C’è un detto nel mondo del cinema “stai attento a chi sa cercando di farti un favore”. Sul set dovete fare quello che viene chiesto.
In Italia spesso i giovani artisti si sentono outsider, tu lo sei mai stato?
Russell Crowe: Sono nato in Nuova Zelanda nel 1964, sono un outsider in tutto. Non sono sicuro che quando sono nato ci fosse un canale TV da guardare! Sicuramente vi sentirete dei pesci fuor d’acqua, è la vita. Anche quando i tuoi sogni e desideri si realizzano capita di sentirti fuori posto, poi cresci e non sei più quello più giovane sul set e puoi aiutare gli altri ad uscire dall’angolino in cui sono andati a rinchiudersi. Il cinema ha due regole: dettagli e collaborazione.
Quando abbiamo girato Il Gladiatore c’era Joaquin Phoenix che era sul set per la prova costumi e si chiedeva “ma che ci faccio qui?”. Andò da Scott e gli disse: Ridley credo che ci sia stato un errore, non dovrei essere qui, sono solo un ragazzino della Florida, cosa c’entro con quel costume da gelataio mentre saluto la folla?”. Ci è voluta mezza giornata per convincerlo a entrare nel costume e poi tutti abbiamo visto che incredibile performance ha tirato fuori.
Come scegli le sceneggiature?
Russell Crowe: A tutti i giovani sceneggiatori presenti in sala: io amo i dialoghi. Mi innamoro delle battute particolari che devo recitare. Quello che mi interessa è la storia, non mi importa che ruolo faccio, è la storia che mi intriga. Mi vendo facilmente per un buon dialogo.
Quanto il tuo essere attore ti ha aiutato quando sei passato dietro la macchina da presa?
Russell Crowe: L’esperienza ovviamente aiuta, è importante che un regista sappia come funziona il lavoro di attore, come funziona la performance. È altrettanto importante che un regista conosca gli attori di cui si fida.
Sei tra i protagonisti de Les Misérables, cosa ha significato dover cantare e recitare tutti i giorni sul set?
Russell Crowe: Les Misérables è stata una delle più grandi esperienze della mia vita. Ogni giorno ero circondato dalla musica, un sogno. Ma detto tra noi non mi è piaciuta la caratterizzazione del mio personaggio (l’ispettore Javert, ndr.), è un personaggio difficile, è stato un ruolo difficile ma che mi ha divertito. Purtroppo tutto il lavoro che avevo fatto è andato perso in post produzione. Prima parlavamo di delusioni, ecco io durante la prima a metà proiezione sono uscito e sono tornato in albergo, sullo schermo non vedevo l’esperienza che avevo vissuto sul set. Per quanto mi riguarda nel film faccio schifo.
Appena finito di rispondere all’ultima domanda intona una delle canzoni del film e si congeda dal caloroso pubblico ripromettendosi di tornare in Italia in concerto insieme alla sua band.
Fonte immagine in evidenza: Alice nella Città.