Nonostante fossimo a conoscenza da molto tempo della volontà della Disney di scegliere un’attrice afroamericana per il ruolo della protagonista del live action La Sirenetta, la notizia del casting di Halle Bailey come Ariel ha comunque suscitato le reazioni più disparate da parte del pubblico. E se in America (dove si sta lavorando molto per una maggiore inclusione delle minoranze etniche nei media) i commenti sembrano essere perlopiù positivi, qui in Italia si è praticamente scatenato il finimondo, talvolta anche con commenti ben poco gentili nei confronti della giovane attrice.
Proviamo a offrire degli spunti di riflessione sul casting, senza voler proporre soluzioni ma solo idee di cui poi si potrà discutere sulle nostre pagine e nei nostri gruppi.
“Allora faranno anche Pocahontas norvegese?”
Senza addentrarci sulle differenze politiche nel fare whitewashing e nel fare il suo esatto contrario, utilizziamo scherzosamente questo commento dalla nostra pagina Facebook per rispondere a quella che è un’obiezione molto gettonata, ma ovviamente totalmente assurda. In primo luogo no, Halle Bailey non potrebbe interpretare Pocahontas o Vaiana, perché si tratta di un’attrice afroamericana e quando parliamo di un elemento caratterizzante, allora l’etnia non può essere interscambiabile. Sia per Pocahontas che per Vaiana e Tiana il colore della pelle e la provenienza sono elementi fondamentali per la storia; in altre parole se Pocahontas fosse norvegese la storia sarebbe completamente diversa, mentre lo stesso non si può dire di Ariel o di Cenerentola, ad esempio.
In più stiamo parlando di tre film dotati ognuno di una collocazione geografica ben precisa, rispettivamente l’America del 1600, la Polinesia e New Orleans, luoghi dunque realmente esistenti. La Sirenetta è invece una fiaba di fantasia ambientata in un universo immaginario, che come spesso accade (nel 1989 non c’era l’attenzione che c’è oggi per il realismo e la rappresentazione corretta delle culture) è un gran calderone di elementi diversi. Ci sono edifici e castelli che sembrano mediterranei, ma anche pesci caraibici, palme tropicali, coralli, fenicotteri, pellicani e persino un granchio giamaicano. È probabile dunque che per il live action la Disney abbia voluto dare alla fiaba un’ambientazione geografica specifica, non a caso sappiamo infatti che le riprese si terranno in Sudafrica e a Puerto Rico, particolare che potrebbe suggerire una location più esotica.
Ariel è un personaggio iconico e non può essere cambiato
È comprensibile che molti fan, affezionati fin dall’infanzia al personaggio di Ariel nel classico del 1989, siano rimasti sorpresi dalla scelta della Disney di modificare radicalmente l’estetica della sirena. Soprattutto perché è di fatto la prima volta che l’azienda interviene così pesantemente su un personaggio, laddove il casting di protagonisti come Belle, Aladdin o Jasmine si è mantenuto il più fedele possibile a quelli dei film animati.
La problematica, in ogni caso, si è presentata già in precedenza in almeno due casi: il vestito giallo di Belle e il colore blu del Genio di Aladdin. Per entrambi ci furono infatti molte polemiche online in quanto non rispettavano fedelmente quanto visto nel cartoon. Il problema reale è allora l’attribuzione del valore di iconicità agli elementi sbagliati. Perché Ariel è un personaggio così iconico e così amato? Che cosa la caratterizza realmente, o in altre parole, che cosa rende Ariel Ariel? Non certo la pinna e nemmeno i capelli rossi, ma solo e unicamente l’animazione. Ariel non sarebbe lo stesso personaggio se l’avesse animata qualunque altro artista che non fosse il grandissimo Glen Keane. Molti la citano come spartiacque tra le principesse “di una volta” e quelle moderne, ed è vero, ma non perché gli artisti decisero di farla rossa di capelli, bensì perché l’allora giovanissimo Glen Keane, al suo primo incarico come animatore di una principessa, le regalò un’espressività fino a quel momento inesplorata da parte della Disney, ispirandosi allo stile dei manga giapponesi per concentrarsi sugli occhi e la dolcezza dello sguardo. Ma tutto questo non troverebbe comunque spazio in un riadattamento live action, che per definizione stessa elimina quella che è davvero l’anima delle storie Disney: il disegno a mano. Qualsiasi riproposizione sarebbe comunque un surrogato di Ariel, capelli rossi o meno, e forse il colore della pelle è proprio l’ultimo dei problemi di questi remake.
La Disney è ipocrita?
Si è parlato molto di politically correct a proposito della scelta di Halle Bailey come Ariel. È un termine probabilmente abusato e spesso utilizzato in maniera impropria, ma ci sono d’altra parte delle considerazioni che un appassionato Disney con un minimo di onestà intellettuale non può non fare. Parliamo infatti di una multinazionale tra le più potenti al mondo che continua e continuerà ad essere amministrata ai vertici unicamente da uomini bianchi. È certamente positivo che un brand che si rivolge alle famiglie si faccia paladino dell’inclusione, ma è anche vero che il cambiamento strutturale non è ancora avvenuto né in Disney né a Hollywood, e che forse quella che ci viene propinata è la versione commerciale dell’inclusione e dell’equità, la versione che i grandi monopoli possono ancora confezionare, vendere e controllare secondo le regole di sempre.
Queste ultime sono contraddizioni che meriterebbero delle riflessioni a parte in quanto vanno ben oltre il casting della principessa Ariel, che chi scrive trova tutto sommato positivo a patto che comporti anche delle modifiche e delle novità nella trama (ben venga la “nuova” versione piuttosto che la riproposizione identica di un film che abbiamo già visto trent’anni fa). C’era probabilmente un unico modo per giustificare l’esistenza di un remake de La Sirenetta: attingere direttamente ai sottotesti della fiaba originale e portare sul grande schermo una storia d’amore omosessuale, creando così una versione nuova, coraggiosa, certamente più interessante di un copia-incolla e persino fedele al materiale originale di Hans Christian Andersen. Ma se la principessa nera è in grado di scatenare il panico, forse è meglio non sapere cosa accadrebbe con la principessa lesbica.
Foto: Fan art pubblicata da Halle Bailey su Twitter