Come annunciato da lui stesso, l’autore americano Don Rosa, noto per le sue grandi storie di paperi Disney, è stato uno dei principali ospiti dell’edizione 2019 di Lucca Comics & Games. I suoi fan hanno fatto file interminabili pur di conoscerlo e assistere ai panel in cui ha parlato della sua carriera. Per accontentare i collezionisti e per celebrare il suo ritorno in Italia, Panini Comics ha proposto i suoi storici lavori in edizione deluxe con Uncle Scrooge & Donald Duck, oltre allo speciale Portfolio Don Rosa (8 litografie da collezione) e infine il Calendario 2020 che riporta 12 delle sue tavole più belle.
Noi abbiamo incontrato Don Rosa nel corso del Press Cafè tenutosi nella Camera di Commercio di Lucca. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa si prova a ritornare a Lucca dopo anni dalla prima volta? E quali sono le differenze culturali a livello di convention fra qui e l’America?
Don Rosa: “Sinceramente devo dire che non ho ancora avuto modo di vivere l’evento e la città da quando sono qui. Questo è il mio quarto tour europeo, ho dovuto lasciare mia moglie a casa con i nostri animali e mi sentirei in colpa a visitare la città senza di lei. Non sono venuto qui per fare il turista, sono qui per i fan, e per fare anche qualche soldo… si spera! Sono stato a Lucca 26 anni fa ed è sempre bello tornare, perché è una bellissima città e ha delle mura meravigliose che in America non abbiamo. Probabilmente le avrebbero tirate giù per costruire dei parcheggi. Per quel che riguarda le differenze, invece, c’è da dire che in America non abbiamo molta cultura circa il mondo dei comics Disney: abbiamo videogames, film, libri, ma pochi fumetti anche a livello di fruizione, solo nel nord avremo circa 20.000 lettori e basta. Ma non conosco abbastanza bene la città e l’evento di Lucca per poter dare una risposta concreta”.
Le sue storie rappresentano l’infanzia di molte persone. Recentemente sono state citate nella serie animata Ducktales, che cosa ne pensa?
Don Rosa: “Non mi piace che la Disney si prenda il merito per qualcosa che io ho fatto e scritto, o che venga preso qualcosa di mio per essere trasformato in altro da quello che io e Barks intendevamo creare. Ho visto un paio dei nuovi episodi e devo dire che questo tipo di intrattenimento per i ragazzi e i bambini di oggi per me è troppo eccessivo, bizzarro. Ai fan che mi aspettano in fila io specifico sempre chiaramente, anche sul cartello del mio stand, che ”qui non si fanno Ducktales”. In America molti non hanno idea che Paperino e Zio Paperone siano stati un fumetto ancor prima di essere un cartone animato. Sarebbe bello che la Disney usasse le idee mie e di Barks per realizzare ciò che veramente intendevamo fare, ma non è ciò che accade e io non posso farci nulla”.
Da anni ha deciso di non realizzare più storie complete a fumetti, un po’ come Zio Paperone che si è ritirato su Monte Orso. C’è qualcosa che potrebbe convincerla a ritornare?
Don Rosa: “No. Sono cresciuto leggendo le storie di mia sorella che mi hanno fatto realizzare il bisogno che avevo di raccontare storie a me stesso, quindi facevo questo miscuglio di vecchi film e fumetti. A scuola scrivevo storie con degli amici per pura passione, senza ritorno economico. Io inizialmente lavoravo con mio padre che aveva un’azienda edile vicino Venezia; ad un certo punto in Europa mi è stato chiesto di sviluppare i personaggi creati da Barks, cosa su cui alla fine ho lavorato per vent’anni. Vent’anni che, se non fosse stato per l’amore dei fan e per la passione per ciò che facevo, sarebbero stati molto meno. Il sistema Disney è stato ciò che ha distrutto la mia passione e non mi sono mai pentito di aver smesso di raccontare storie. Continuo ad andare alle fiere, di città in città, continuo a firmare autografi al mio stand anche per dieci ore di fila, e quando lo faccio l’energia della gente che sta attorno a me mi permette di alzarmi più in forma di prima. Ciò che ho fatto prima di smettere di scrivere, ormai dodici anni fa, è stato mettere il trademark sul mio nome, perché ero intristito ed esausto nel vedere questi prodotti, come calendari e libri, con scritto Don Rosa ma su cui io non avevo mai messo mano e da cui non ho mai visto un soldo, nonostante la gente fosse convinta che fossero miei”.
Se lei fosse il Ministro della Cultura in America, cosa farebbe per migliorare la situazione del fumetto negli Stati Uniti?
Don Rosa: “Non mi occupo di fumetti americani dagli anni Ottanta, ho smesso di leggere fumetti. Penso che il fumetto americano sia ridondante nei temi, trovo solamente storie su supereroi. Io sono cresciuto con i fumetti sui cowboy. Non ho opinione su questo così come non ho opinione su Ducktales perché non sono qualificato per rispondere a queste domande. Vado alle convention, vedo i fumetti che escono, vedo serie che ogni cinque anni hanno bisogno di una scossa perché altrimenti le vendite calano. In America si parla solo di supereroi, è come se si copiassero a vicenda, mentre in Europa mi pare che le persone pensino e creino con la propria testa. Io non potrei essere il Ministro della Cultura in America, voglio starne fuori, vivo in una casa con venticinque acri di terra intorno e se potessi ne comprerei altri dieci per stare lontano dagli americani. Se non mi fosse impossibile traslocare andrei in Messico”.
Qual è la caratteristica principale che ha voluto sviluppare negli anni con il personaggio di zio Paperone?
Don Rosa: “All’epoca, alcuni miei amici ebbero il permesso per la pubblicazione di storie Disney e mi chiesero di collaborare con una storia di zio Paperone. Accettai, pensando che si sarebbe trattato di una storia soltanto, ma una volta pubblicata ricevetti un premio come miglior fumetto dell’anno. Feci una seconda storia, andò bene anche quella. Decisi di liquidare l’azienda di famiglia fondata da mio nonno circa un secolo prima per dedicarmi completamente al raccontare storie. Non mi piaceva, però, che zio Paperone fosse identificato solo come avaro: volevo parlare del suo amore per i trofei, per le avventure. Lui è il più furbo dei furbi, il più duro dei duri, che fa quadrare tutto: andava approfondito questo suo aspetto e io volevo renderlo alla mia maniera”.
Lei ha contribuito molto, con le sue storie sui paperi, alla vita privata, pubblica e anche storica. Che altri temi possono affrontare i paperi?
Don Rosa: “Io non vado così a fondo nelle cose, sostanzialmente cerco di intrattenere le persone. Non ho mai ambientato le mie storie nel presente, ho solo parlato talvolta dell’inquinamento e dell’importanza della lettura. Non mi preoccupo del presente, credo che altre persone possano rispondere a questa domanda meglio di me”.
Di seguito, la videointervista realizzata da Topolino Magazine.
Don Rosa, zio Paperone e i suoi ricordi legati a #LuccaCG#PaniniLuccaCG
Pubblicato da Topolino Magazine su Sabato 2 novembre 2019
Foto: Courtesy of Topolino Magazine