A Lucca Comics 2019 abbiamo incontrato Claudio Sciarrone, affermato artista Disney che molti conoscono per aver dato vita alle avventure di PK. L’autore è in edicola proprio in questi giorni su Topolino Magazine, dove ci farà compagnia per quattro puntate Foglie Rosse, un’avventura scritta e disegnata interamente da lui che vede protagonisti Tip e Tap con la loro band(a) di amici e che parla di accettazione del diverso.
Ecco cosa ci ha raccontato Sciarrone a Lucca Comics & Games 2019, dove abbiamo potuto leggere anche il secondo episodio, pubblicato in anteprima esclusiva con l’edizione variant di Topolino 3337 che sfoggia una cover di Marco Rota.
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Pubblicato da Topolino Magazine su Giovedì 31 ottobre 2019
Sei il factotum della tua serie Foglie Rosse: quali limiti e libertà ti sei imposto nell’essere autore completo?
Claudio Sciarrone: “Sapevo che non fosse più possibile fare parodie, perché la Disney ha avuto problemi con opere come Metopolis ad esempio e si è trovata costretta a bloccare tutto quel tipo di produzione. Ma sicuramente si possono raccontare storie anche senza rifarsi a qualcosa di già scritto: ci sono ormai dei macro-blocchi narrativi e i ragazzini in bicicletta che scoprono qualcosa di più grande di loro è già un tema narrativo in sé. Pensando dunque a un’ambientazione con degli adolescenti ho avuto subito in mente Tip e Tap, personaggi che non ricordo di aver mai visto impegnati in niente di importante, forse la storia scritta da Penna e Caffo Tip e Tap e la solitudine di Jack. Ero certo però di non volerli come unici protagonisti, quindi li ho messi assieme a un gruppo di altri personaggi inventati dove non c’è una dominanza protagonistica.
Le tematiche trattate sono oltretutto molto disneyane, al contrario magari di quelle affrontate da Enna e Celoni nella Trilogia Gotica, quindi non ho dovuto fare grandi ricerche. Ho presentato il progetto in due pagine e ho cominciato a farne uno storyboard scarabocchiato e pieno di appunti. Sapevo che per arrivare a certi snodi dovevo far accadere determinate cose, ma i vari botta e risposta li ho creati a storia già conclusa. Scrivere i dialoghi è stato come se avessi avuto i ragazzi davanti a me e cercassi di star loro dietro, quindi riuscivo ad appuntarmi qualche dialogo mentre altri me li perdevo. Dopo anni di sceneggiature lette ho assimilato la tecnica, ma la mia è fatta tutta d’istinto. Devo ringraziare Alex Bertani, Stefano Petrucelli e Davide Catenacci che mi hanno dato fiducia e carta bianca e mi hanno aiutato permettendo di potermi esprimere al meglio anche circa i dialoghi perfezionando così il mio ”stile”, se di stile possiamo parlare davanti a una prima storia”.
Bambini in bicicletta e alieni: si potrebbe dire che in Foglie Rosse ci siano rimandi ad opere degli anni Ottanta…
Claudio Sciarrone: “Se ci sono, non sono stati volontari. I bambini vanno in giro in bici anche oggi. C’è sicuramente una rappresentazione del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, un momento in cui ci si trova da soli e lontani dal mondo adulto, una tematica che sicuramente si ritrova in tanti film degli anni Ottanta e che ora si affronta in maniera diversa. Qui l’adulto in questione è Topolino ed è stato difficile lasciarlo marginale in una situazione dove normalmente avrebbe iniziato a indagare: il vero passaggio all’età adulta dei ragazzini è far sì che l’adulto si fidi di loro. C’è da dire anche che il rapporto di Tip e Tap con loro zio non è assolutamente come quello di Qui, Quo e Qua con Paperino. Nel loro caso, sono i paperotti ad essere più responsabili dello zio, mentre se hai la fiducia di Topolino vuol dire che hai anche determinati valori. Topolino ti dà fiducia perché è il primo ad essere fiducioso verso il prossimo e la storia verte su questo”.
Tip e Tap non ci pensano due volte ad aiutare qualcuno in difficoltà, andando oltre la sua ”diversità” in un periodo dove si pensa che la tecnologia ostacoli questa sensibilità. Come si affrontano questi temi?
Claudio Sciarrone: “Forse ho scritto questa storia perché ho un’indole di un certo tipo, seguo tutti i telegiornali e mi sono calato nella realtà. La tecnologia esiste, non possiamo ignorarla: quando sono approdato nel mondo del fumetto lo status quo erano personaggi secondari che al parco leggevano il giornale. Ora i quotidiani non li legge neanche chi li leggeva un tempo e rappresentare la tecnologia vuol dire semplicemente guardarsi intorno, non fare la caricatura del ragazzino attaccato al telefono. Così come non disegniamo vecchie Cadillac o segnali stradali fuori uso, non possiamo rimanere fermi a gente che legge le notizie sul quotidiano invece che sullo smartphone solo perché siamo abituati così. Creare pensando ai nostalgici vuol dire perdere i lettori giovani perché non si riconoscono nei personaggi con panciotto e giornale.
La parte visiva è come, secondo me, una storia della nostra epoca andrebbe rappresentata. Parlando della tematica principale: l’accettazione del diverso è la spina dorsale della storia. Quando Phil, l’alieno, appare per la prima volta, Tip e Tap gli chiedono se sia spaventato, non fanno commenti sui suoi capelli viola o sulle sue orecchie a punta. Ho voluto evitare ogni commento sulla sua ”stranezza” affinché fosse più chiaro possibile il messaggio che siamo tutti sullo stesso piano. La vera tematica della storia è questa, non l’uso della tecnologia. Questi elementi dovrebbero essere ormai dati per scontati nelle storie di adesso e invece stridono perché si affrontano le storie disneyane ancora con dei cliché. Ma nel frattempo il mondo è andato avanti. Io vorrei che le mie storie invecchiassero, vorrei che fra dieci anni, rileggendo ciò che ho fatto, si provasse affetto ripensando al passato, a come si rappresentava il mondo di quell’epoca”.
Come ”slogan” per pubblicizzare Foglie Rosse sui social hai spesso usato ”non cercatelo su Netflix ma in edicola”: in questo senso la tua narrazione è molto cinematografica. Come si crea una narrazione simile con un mezzo statico come quello del fumetto?
Claudio Sciarrone: “Innanzi tutto devo ringraziare chi mi ha permesso di andare oltre lo schema della gabbia di Topolino che solitamente ha sei vignette o al massimo delle doppie. Ho cercato di, per rimanere in tema, cambiare obiettivo alle cineprese senza strafare. Il mio scopo era che narrazione e personaggi comunicassero in scioltezza, non volevo che il lettore avvertisse la mia presenza, così come al cinema non si deve interrompere la sospensione dell’incredulità con una tecnica errata, magari un montaggio fatto male o dei raccordi sbagliati. Il passaggio da una vignetta all’altra e le loro forme sono in funzione alla velocità della lettura di quel momento. Normalmente le vignette orizzontali rallentano la scena mentre quelle verticali la velocizzano, è una tecnica basilare. Io agisco in maniera totalmente intuitiva. In questa storia ho sempre sei personaggi in campo quindi la composizione della tavola è proprio come l’occhio deve seguire la scena.
Quando si ha una gabbia statica non si ha un dialogo, un po’ come la differenza fra una telenovela, quindi con protagonista il racconto e non la dinamica della scena, e le serie di Netflix che invece vanno oltre questa impostazione, diventando anche quasi cinematografiche. La parte visiva racconta molto, ma fumettisticamente parlando lo sceneggiatore descrive e il disegnatore cerca di rendere la messa in scena. Essendo io, in questo caso, entrambe le cose, non ho dovuto descrivere le cose che avevo in testa, perché sapevo già lo spazio che una determinata scena doveva avere nella tavola. Ho cercato di rendere il ritmo narrativo fluido anche con le storie degli altri, ad esempio quando ho collaborato con Sisti per PK, con Gagnor o Vitaliano: sanno che ho un certo modo di scardinare la pagina per rendere al meglio determinati passaggi emotivi. È così che sono diventato inconsapevolmente sceneggiatore: riscrivendo delle messe in scene per renderle emotivamente migliori, rimanendo comunque nei paletti che mi davano”.
Dopo Foglie Rosse, hai altri progetti in mente, dentro e fuori Panini Comics?
Claudio Sciarrone: “Di Ugly Ducklings ho fatto una raccolta che comprende le illustrazioni dal 2011 ad oggi. Sto lavorando anche una graphic novel sotto grande richiesta. Poi ho in ballo altri progetti, di cui però non posso dire nulla. Per Topolino il nuovo anno è già pieno di cose da realizzare. Sarà un altro anno intenso, pensavo che l’acme del mio periodo positivo fosse stato il record dell’anno scorso, ma dall’anno scorso a quest’anno sono successe un sacco di cose che sono ancora in divenire, quindi sapendo cosa mi aspetta so e spero che arriveranno soddisfazioni, ma sento anche una grossa responsabilità. Fortunatamente il mio grande entusiasmo mi permette di lavorare senza troppa preoccupazione di sbagliare. Se arriverà l’errore lo accetterò, ma sono state così tante le cose positive che basterà ripensarci per stare meglio”.