Fresco fresco dell’annuncio di un sequel che arriverà nel 2022, Spider-Man: Un nuovo universo è stato uno dei grandi protagonisti di VIEW Conference 2019 grazie alla presenza del regista Peter Ramsey e del supervisore degli effetti visivi Danny Dimian. Abbiamo incontrato quest’ultimo per un’interessante intervista sulle sfide che Sony Pictures Imageworks ha dovuto affrontare per questa prima avventura cinematografica di Miles Morales e del Ragnoverso.
Prima di lavorare a Spider-Man: Un nuovo universo, Danny Dimian ha contribuito anche a film come Angry Birds – Il film, Piovono Polpette, Hotel Transylvania, Surf’s Up, Monster House, Polar Express e Stuart Little 2.
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Partiamo dalle basi. Quali sono state le vostre molteplici ispirazioni nell’approcciarvi a un film come Spider-Man: Un nuovo universo?
Danny Dimian: “È iniziato tutto con l’idea di realizzare qualcosa di diverso, qualcosa che nessuno avesse mai visto prima. Ovviamente la prima fonte, essendo un film tratto da fumetti, sono stati i fumetti. Quelli che ci sono sembrati più interessanti e più dinamici sono quelli di una volta, che erano stampati anche un po’ male, molto prima che esistesse la tecnologia per ottenere immagini perfette. Avevano un sacco di errori di colorazione e altri problemi di stampa, in più quei disegni erano realizzati con carta e matita, non c’era il computer. Per quanto riguarda l’animazione… beh, i fumetti non si muovono, ma gli anime giapponesi sono una sorta di fumetti in movimento e sono stati una grande ispirazione per noi. Potrei citare moltissimi altri esempi, la pop art, l’arte classica di Turner… la risposta finale è che nel film sono confluite tantissime diverse ispirazioni, letteralmente un po’ di tutto”.
Hai menzionato le imperfezioni dei fumetti; questo è un aspetto molto interessante perché solitamente quando si lavora in CGI si tende a voler far apparire tutto perfetto e realistico.
Danny Dimian: “Paradossalmente, ciò che ci ha aiutato a ottenere questo look sono i tantissimi errori che facevamo nei primi test per l’animazione. Tutto ciò che non ci riusciva, ma che sembrava interessante veniva messo da parte con l’intenzione di trovare il modo di incorporarlo nel film in qualche modo. Un altro fattore determinate per quanto riguarda l’effetto “imperfetto” è sicuramente l’uso dell’animazione a mano. La maggior parte degli effetti visivi sui personaggi sono in realtà realizzati in 2D. Il character designer ha potuto disegnare le espressioni direttamente sui modelli 3D sullo schermo, non in Maya, non in 3D, proprio a mano. Poi i disegni venivano automaticamente convertiti in elementi geometrici 3D per poter passare al rigging e infine all’animazione. E non sono nemmeno collegati alla superficie dei modelli, ecco da cosa deriva questo senso di imperfezione. Il computer continua a controllarli, ma siccome nulla è collegato è impossibile ottenere il classico look perfetto della computer grafica. In ogni momento ci siamo guardati intorno per capire che cosa potevamo “spezzare”, e con “spezzare” intendo che abbiamo praticato un taglio netto con il modo in cui tradizionalmente si realizzano questi film”.
E il risultato è incredibile. Insomma, il film prende davvero il meglio dalla CGI e dall’animazione a mano.
Danny Dimian: “Esatto. Quando abbiamo iniziato a lavorarci sapevamo solo due cose. La prima: non volevamo che fosse un cartone animato. Il 2D ha molto squash and stretch, ha un feeling che non sembrava adatto alla storia che volevamo raccontare. Ma allo stesso tempo non volevamo fare nulla di troppo realistico. A metà tra queste due opzioni c’era una grossa incognita oscura. È qualcosa che mi piace ripetere quando iniziamo un nuovo progetto: non sapere dove si sta andando può essere un bene. A volte è ok imbarcarsi in un progetto e non avere ancora ben chiara la meta. Noi non sapevamo affatto se tutti i pezzi sarebbero andati al loro posto praticamente fino all’ultimo momento. Sapevamo soltanto che che i singoli pezzi che avevamo ci piacevano molto”.
Lavori per Sony Imageworks da tantissimo tempo, e hai realizzato film come Piovono Polpette o Hotel Transylvania. Già questi due titoli sono molto stilizzati in termini di visual se paragonati ai film Disney o Pixar. Poi è arrivato Spider-Verse, che è una stilizzazione estrema. Com’è stato per te questo percorso?
Danny Dimian: “Faccio questo lavoro da 27 anni, e da ben 20 sono in Sony. Posso dire che ciò che ci ha aiutato per quanto riguarda Spider-Verse è stato avere produttori esecutivi, registi e artisti tutti allineati, tutti volevamo raggiungere lo stesso obiettivo. Dirò di più: i nostri produttori esecutivi ci hanno protetto, ci hanno permesso di fare ciò che volevamo, e questo non è affatto comune. Un’altra cosa che ha aiutato è il fatto che prima del nostro c’erano stati già ben otto film di Spider-Man, e questo ci ha portato a trovare un modo per far sì che le persone fossero interessate a vederne un altro ancora. E poi, a ImageWorks non abbiamo un house style, e bisogna anche dire che non abbiamo mai avuto grandissimi successi. I nostri film hanno incassato discretamente, ma non siamo la Pixar che film dopo film ha sempre avuto incredibili consensi e ora si trova ingabbiata in uno stile da cui non può più uscire per paura di perdere riconoscibilità. Il successo non è sempre una cosa buona. Inoltre, per il fatto che noi facciamo film non soltanto per Sony Animation, ma per un sacco di altre case esterne, abbiamo una metodologia che ci permette di creare sempre qualcosa di nuovo e ci rende molto flessibili”.
Nel film ci sono sei supereroi, ognuno caratterizzato da uno stile diverso e unico. Ci sono state difficoltà nel trovare l’equilibrio tra questi stili così opposti tra loro?
Danny Dimian: “Sì, ma non quanto ci aspettavamo, perché nel film abbiamo meno shot. Se ce ne fossero stati di più, allora sì che sarebbe stata una grande sfida far coesistere questi look così differenti. Abbiamo 2700 shot nel film. L’animazione oggi ne ha molti di più di quanti ne aveva una volta… i film in 2D di solito duravano in media 85 minuti e ne avevano circa 1200. Diciamo che non è stato impossibile destreggiarci tra look radicalmente differenti, anche grazie alle numerose prove che abbiamo fatto inizialmente”.
Molti spettatori sembrano fare difficoltà nel riconoscere che tipo di animazione sia quella di Spider-Man: Un nuovo universo. Alcuni dicono 3D, altri 2D… tu come la descriveresti?
Danny Dimian: “Un mix di tante idee diverse. Il miglior modo per descriverla è: un collage. Prende spunto da tutto e prova a mettere insieme un nuovo linguaggio che si adatti alla storia che vogliamo raccontare. E attenzione, perché non è replicabile per tutti i tipi di storie. Abbiamo altri progetti in lavorazione adesso che saranno ancora diversi da ciò che avete visto finora, saranno ispirati ai dipinti e ai disegni a mano, e non somiglieranno proprio per niente a Spider-Verse. Per come la vediamo noi, lo stile di questo film non è adattabile a nient’altro eccetto l’obiettivo per cui è stato creato, ovvero realizzare un film su un fumetto. Sono le idee che devono guidarci, il punto è che gli artisti dovrebbero pensare alla loro storia e capire qual è il modo migliore per raccontarla”.
Sì, ma questo accade assai raramente nel cinema d’animazione.
Danny Dimian: “In effetti, questa è una delle poche volte in cui è accaduto anche per me. Piovono Polpette è stato qualcosa di simile, e anche L’uomo senza ombra, in modalità diverse. Quel film è stato interessante, perché è stata tutta una sfida con la tecnologia. Non c’era modo di trasformare i corpi con la computer grafica prima di allora, perciò abbiamo dovuto scriverci tutti i programmi da soli”.
Hai citato nuovi progetti in arrivo da parte di Sony Animation, cosa puoi anticiparci?
Danny Dimian: “Molto poco, perché se rivelassi qualcosa probabilmente passerei dei guai. Dovrete aspettare l’arrivo del primo trailer. Quello che posso dirvi è che ci sono molti progetti in arrivo e che l’atmosfera generale è decisamente positiva verso la sperimentazione. C’è la volontà di provare cose nuove, e questo è molto elettrizzante per me. Finalmente si sta piano piano scardinando l’idea che la CGI possa essere utilizzata solo per i film per bambini. Se me lo aveste chiesto cinque anni fa, avrei probabilmente risposto tristemente che sarei morto senza mai avere l’occasione di realizzare un film d’animazione per adulti, ma adesso le probabilità che questo accada sono maggiori. Chissà, la strada non è ancora spianata, perché servono un sacco di tempo, lavoro e soprattutto soldi. Ma secondo me piano piano stiamo capendo che l’animazione non è un genere, ma una tecnica con cui si può realizzare qualsiasi cosa. Credo però che sarà l’Europa a batterci, vedremo un film rivoluzionario in Europa molto prima che negli USA”.
Foto: Courtesy of VIEW Conference